di , 12/01/2023

Fare ricerca e sviluppare farmaci per il paziente: questa è da sempre l’attività principale  delle aziende pharma. Queste attività ora devono evolvere in progettualità con valore addizionale: dalla comprensione del Burden of illness è necessario sviluppare servizi non più e non tanto ‘per’ il paziente ma ‘con’ il paziente, in un processo di co-creazione.

Patient centricity oggi, di fatto, evolve nel termine più ampio di patient engagement. È un’evoluzione dettata dai fatti. Se questo approccio in passato stava a indicare la volontà di contribuire a rispondere meglio alle esigenze di salute del cittadino –  un’intuizione accompagnata e sostenuta da forti ragioni etiche -, oggi identifica una stringente necessità: la sua traduzione può essere  l’unico modo efficace per contribuire a strutturare una sanità in grado di rispondere bene e in modo sostenibile alla domanda di salute del singolo paziente e cittadino e della collettività, in termine di prevenzione, cura, servizi assistenziali e appropriatezza terapeutica. Il paziente diventa pienamente partecipe del processo terapeutico assistenziale che lo riguarda, soggetto attivo e responsabile delle scelte e delle strategie, al fine di sostenerne la capacità di interlocuzione e interazione con tutti gli attori del sistema, istituzioni politico sanitarie incluse. Ed è quello che in Novartis siamo impegnati a raggiungere attraverso un percorso che prevede necessariamente un cambio culturale.

Un cambio di mentalità che richiede strumenti importanti

Uno su tutti, la capacità di mettere in campo un ascolto attivo del punto di vista del paziente, in grado di farne emergere con chiarezza gli insights per farli diventare elementi centrali dei processi decisionali.

E proprio il concetto di ‘ascolto’ ha conosciuto una vera e propria rivoluzione, se non altro in termini dimensionali, negli ultimi anni, nell’era della disintermediazione informativa che ha accompagnato l’avvento del digital. Complice naturalmente il covid, le incertezze e l’isolamento individuale che ne hanno definito i contorni: la ricerca e richiesta di informazioni sulla salute on line è letteralmente esplosa, soprattutto tra gli over 35. È una domanda a tutto tondo, che riguarda l’intero percorso terapeutico, dalla prevenzione al follow up, e che suggerisce il profilo di un utente/paziente/caregiver certamente più consapevole ma allo stesso tempo maggiormente suscettibile al rischio di disorientamento a fronte della mole impressionante di informazioni di cui non è sempre facile verificare l’attendibilità.

Ascoltare, in questa nuova dimensione, vuol dire rafforzare ulteriormente la capacità di comprendere il bisogno vero del paziente, lungo tutto il percorso diagnostico-terapeutico, facendo leva proprio sulle potenzialità delle tecnologie digitali. E quando parliamo di percorso, in questo caso un vero e proprio digital journey, è opportuno sottolineare ancora una volta che non ci si riferisce alla sola ‘cura’ in senso stretto, ma a tutto ciò che c’è prima e oltre il farmaco, dall’awareness ai servizi al monitoraggio. Prima e oltre il farmaco: per me e per l’azienda che rappresento, Novartis, questo è ormai un vero must: cambiare prospettiva per poter essere partner di un sistema che deve ambire a essere più efficace, efficiente e sostenibile.

Nella proposizione di valore sul farmaco e oltre il farmaco, rientra sicuramente un corollario, tutt’altro che secondario: l’avvento del digital che,in ambito di patient engagement, ha permesso la nascita, effettivamente impetuosa, delle community di pazienti, che grazie allo scambio di esperienze, vissuti ed emozioni svolgono una funzione assolutamente preziosa nel tradurre il dato personale in dato collettivo e quindi analizzabile, quantificabile, utilizzabile per l’elaborazione di soluzioni utili ai ‘grandi numeri’. Importante è continuare a dare attenzione agli small data, più di natura qualitativa, ma affiancarli ai big data, frutto di un ascolto strutturato della rete.

In conclusione, la rivoluzione digitale apre prospettive inedite nel mondo della salute e offre opportunità straordinarie, da mettere a frutto attraverso partnership tra diversi attori, anche non appartenenti ad ambiti scientifico tecnologici diversi, in grado di ‘contaminarsi’ positivamente’.

A condizione, naturalmente, che si tenga sempre ai livelli più alti la barra della qualità, in primis nella attendibilità informativa.