di , 22/07/2022

In questi ultimi mesi l’attenzione nei confronti della digital health e dell’innovazione tecnologica in sanità sta continuando a crescere, grazie soprattutto alle prospettive su come esse potranno permettere l’implementazione di applicazioni capaci di soddisfare una crescente richiesta di servizi sanitari erogati presso il domicilio del paziente o comunque, laddove possibile, a livello territoriale.

Ciò che solitamente manca in queste narrazioni, a volte anche troppo futuristiche, e sicuramente capaci di generare delle forti aspettative presso i cittadini, è il confronto di tali eventuali applicazioni con le norme, le specifiche e le procedure che caratterizzano l’operatività quotidiana della digitalizzazione in sanità.

Allo scopo di offrire un quadro conciso ma al tempo stesso esaustivo di tali aspetti, durante l’appuntamento di Frontiers Health Italia 2022 dello scorso maggio è intervenuto Giorgio Moretti, Fondatore e Presidente Esecutivo di Dedalus, azienda leader in Europa nell’implementazione di software sanitari e diagnostici.

Ad inizio del suo intervento, Moretti ha fatto una premessa dedicata ai dati:

abbiamo tanti dati, ma questi non sono conoscenza clinica e non si è capaci di tramutarli in ciò. Ad oggi, in taluni casi addirittura non si è nemmeno in grado di estrarli dai nostri applicativi che abbiamo in house.

Una criticità che potrà essere superata attraverso l’opportunità dei fondi resi disponibili dal Next Generation EU e dai progetti inseriti nel PNRR, avendo però ben presente quattro punti:

  • la disponibilità dei fondi europei è un’occasione che può essere colta solamente se si rispetteranno regole ben precise;
  • la cifra totale, compresa fra i 3 e 4 miliardi di euro, messa a disposizione per gli investimenti in informatizzazione sanitaria (nelle sue varie declinazioni), che per l’Italia è una gestione di denaro mai vista in questo ambito, è in realtà insufficiente per recuperare un gap accumulato negli ultimi venti anni;
  • anche spendendo efficacemente la totalità dei fondi messi a disposizione non si riuscirà comunque a risolvere tutti i problemi che caratterizzano il nostro sistema;
  • i fondi saranno erogati al nostro paese solamente se quanto realizzato sarà compliant con le indicazioni europee, poiché i fondi verranno rendicontati tenendo conto di alcuni aspetti sostanziali.

In riferimento a quest’ultimo punto, Moretti ha quindi delineato brevemente quale sia il contesto regolatorio che in ambito UE si sta strutturando, non solo attraverso l’implementazione dell’Health European Data Space, un documento che regolamenta a livello tecnico come i dati sanitari devono essere prodotti, scambiati e distribuiti, ma anche con l’adozione dell’AIA Act (il cui scopo è quello di normare l’intelligenza artificiale), con la definizione attualmente in corso delle procedure per l’approvazione delle digital therapeutics da parte di EMA, e con la recente entrata in vigore del Regolamento (UE) 2017/745 sui dispositivi medici.

Molti di coloro che si occupano della gestione degli acquisti dei prodotti informatici in ambito sanità ancora ignorano che, dal 25 maggio 2021, e ancor di più dal 25 maggio 2022, i software clinici e diagnostici non sono più da considerarsi tali, bensì dei veri e propri dispositivi medici. Ciò cambia radicalmente le modalità di produzione, certificazione e gestione di tutta una serie di strumenti, introducendo dei livelli di complessità che non ha paragoni rispetto a quella che era la situazione a cui abbiamo assistito fino ad oggi.

Per quanto riguarda il contesto italiano, Moretti ha voluto sottolineare che il problema fondamentale del sistema Italia, e quindi anche dell’ambito sanità, è il mancato utilizzo dei sistemi di codifica internazionale, in particolare quelli richiesti dalle istituzioni europee (SNOMED, LOINC, ICD10).

Il primo passo è quindi agire in questo senso per far sì che quando si fa qualunque tipo di raccolta e classifica di informazioni si adottino questi linguaggi internazionali.

Ciò è necessario poiché l’interoperabilità clinica potrà essere raggiunta grazie all’applicazione di queste codifiche, e l’implementazione della telemedicina, insieme al processo democratizzazione della qualità di cure che da essa ne deriverà, sarà possibile solamente attraverso questa opera di armonizzazione dei dati.

Grazie a questi strumenti, le persone che vivono in quei territori oggi caratterizzati da una scarsa accessibilità potranno essere curate meglio e in modo più uniforme. Tuttavia, se non disporremo di  un sistema in grado di accogliere linee guida e best practice, e di metterle a disposizione degli applicativi con i quali medici operano quotidianamente, non avremo realizzato nulla che possa essere di supporto fattivo all’operatività dei medici.

Un altro aspetto su cui si è concentrato Moretti durante il suo discorso è quello relativo alla raccolta e al recupero delle informazioni cliniche, superando i limiti di usabilità e riusabilità posti dall’utilizzo del linguaggio naturale, attraverso l’impiego di tecnologie come la NLP (Natural Language Processing). Un passo ancora successivo potrà dirsi compiuto nel momento in cui si adotteranno applicazioni di clinical information system, i quali rendono possibile che ogni informazione sia internamente codificata by design.

Solamente quando si sarà risolto questo problema, o attraverso la produzione nativa di dati estratti dai nostri applicativi, o con l’estrazione di dati clinicamente comprensibili, si avrà la possibilità di far funzionare gli applicativi di intelligenza artificiale e di machine learning. La ricerca clinica, che oggi è un mestiere parallelo all’attività di routine, diventerà embedded all’attività di routine: non si farà la ricerca clinica in addizione o parallelamente all’attività routinaria. Al contrario, sarà l’attività routinaria che genererà nativamente la ricerca clinica.

Nello sviluppo delle applicazioni, però, vanno tenute in considerazione anche la cosiddetta ”fatica del medico” e l’entropia del dato. Infatti, si corre il pericolo di ingolfare i medici con una eccessiva disponibilità di dati, il che rischia di essere una fonte di distrazione e, pertanto, un fattore di notevole aumento del rischio clinico.

Occorre dare ai medici degli strumenti che siano capaci di rendere disponibili le corrette informazioni al momento giusto e contestualizzate al caso clinico e allo stadio del caso clinico.

Tuttavia, ci sono delle criticità che rappresentano dei veri e propri ostacoli su questo percorso di innovazione in sanità in Italia. Uno di questi problemi è di carattere culturale: Moretti ha riportato l’esempio di ciò che succede negli altri paesi europei e negli USA, dove da più di 30 anni, i medici, dopo essersi laureati, frequentano un master di clinical informatics così da essere in grado di dominare le applicazioni digitali anche più innovative.

Noi dobbiamo costruire medici competenti che sappiano cosa estrarre da queste tecnologie. Questo impatto formativo sarà una scommessa che dovremmo cercare di vincere nei prossimi anni.

Moretti ha poi affrontato il problema della sicurezza informatica, un aspetto colpevolmente trascurato e sottovalutato dalla classe dirigente del nostro paese. Occorre essere consapevoli che le innovazioni tecnologiche in ambito sanitario hanno una carattere assolutamente strategico, e per tale ragione esse non devono essere ricomprese nell’ambito civile ma, al contrario, essere classificate come “mission critical” esattamente come i dati e le informazioni che rientrano nel mondo della difesa militare.

In ultimo, Moretti, facendo riferimento a delle tecnologie molto costose chiamate “cloud badge”, vale a dire degli strumenti che danno la possibilità di gestire i fault o gli abbattimenti prestazionali delle architetture cloud, ha voluto anche sottolineare che gli investimenti per realizzare tali infrastrutture ICT richiedono un’esperienza che il nostro paese non ha mai accumulato per mancanza di cultura e di sensibilità.

L’auspicio è che questi 3-4 miliardi che dovrebbero arrivare dal PNRR non vengano sprecati. Magari si facciano poche cose, ma che queste ultime siano qualcosa di usabile per i prossimi 15-20 anni.

Infine, Moretti, attraverso la keyword #essereinternazionali da lui scelta, ha voluto esprimere l’auspicio che l’Italia impari ad essere attivamente parte degli enti mondiali ed europei di normazione. In tal modo, lo Stato italiano potrà contribuire alle attività all’interno di queste istituzioni che giocheranno un ruolo importante nella gestione dell’innovazione digitale, ed essere così in grado di recuperare, nel tempo, il proprio ritardo operativo attraverso il confronto e la collaborazione con altri sistemi ad oggi ad uno stato più elevato di innovazione in sanità.

Abbiamo pochi soldi: non inventiamo grandi cose, ma applichiamole. Detto ciò, la via intrapresa oggi dal paese è nella direzione giusta.


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