Dall’inizio della pandemia di COVID-19, decine di paesi hanno distribuito app che cercano di identificare le persone esposte al coronavirus SARS-CoV-2 e fermarne la trasmissione.
Le prove che queste app di “tracciamento dei contatti” sono realmente utili, sono difficili da reperire.
Il motivo? La maggior parte di esse raccolgono dati limitati per proteggere la privacy degli utenti. Alcuni studi mostrano prove evidenti che le app possono aiutare a prevenire le infezioni e sono uno strumento prezioso per la salute pubblica.
Studi dimostrano che l’affidabilità delle App e il loro utilizzo non aiutano da soli a tenere la pandemia sotto controllo.
Ma i risultati mostrano che sono utili, a condizione che abbiano un adeguato sostegno politico e siano adeguatamente integrate nei sistemi di sanità pubblica.
L’esperienza in UK
Pubblicato sulla pagina dell’Alan Turing Institute, uno studio analizza i dati raccolti dall’utilizzo dell’APP nel Regno Unito.
In totale, utilizzando i dati forniti dall’app in forma anonima, le stime indicano che l’app ha emesso più di 1,7 milioni di notifiche dal lancio alla fine del 2020. Nella sola settimana dal 24 al 30 Dicembre, sono state inviate in Inghilterra 263.000 notifiche, in Galles 8.600. Numeri molto incoraggianti dal punto di vista della funzionalità dell’app.
Download: 21,63 milioni – ovvero 56% della popolazione superiore ai 16 anni.
L’esperienza in Spagna (Isole Canarie)
Lo studio pubblicato su Nature, riporta i risultati di 4 settimane di tracciamenti tra Giugno e Luglio 2020. Si stima che circa il 33% della popolazione abbia scaricato l’app, mostrando un livello molto alto di aderenza e conformità, nonché un tempo di risposta molto rapido.
Radar COVID è stata sviluppata secondo i principi della cosiddetta privacy-by-design, il che significa che garantisce l’anonimato e la protezione dell’utente, come prescritto dalle norme giuridiche europee e stabilito nel GDPR.
L’esperienza in Italia
Come abbiamo raccontato qui, il commissario Arcuri nel giugno del 2020 ha disposto l’utilizzo dell’App Immuni per il tracciamento del contagio da covid-19.
Download unici (al 4 marzo 2021): 10.347.529 – 91.307 notifiche inviate.
Anche se la diffusione di Immuni fosse limitata, può comunque contribuire a salvare vite e a contenere il virus, soprattutto se affiancata ad altre misure come il distanziamento sociale e il tracciamento di contatti manuale. Immuni ha già avvertito numerose persone di contatti a rischio con utenti poi risultati positivi. Grazie a questa informazione, queste persone hanno avuto la possibilità di spezzare la catena dei contagi, contribuendo a limitare la diffusione del virus e a salvare vite.
Cosa non ha funzionato con Immuni? Quali sono le criticità da segnalare?
Se Immuni rileva che sei stato esposto ad un possibile contagio, ti arriverà una notifica. Segui le raccomandazioni che troverai all’interno dell’app, a partire dal contattare il tuo medico di medicina generale per i dovuti approfondimenti. Anche se non sei obbligato a farlo, ti consigliamo di seguire le indicazioni che ti verranno date per proteggere la tua salute e quella degli altri, in particolare di quelli che ti sono più vicini.
Comunicando il codice CUN* abbinato al referto i cittadini che hanno già installato Immuni possono procedere a segnalare la loro positività alle persone con cui sono entrate in contatto stretto. A guidare e abilitare l’utente in questa operazione di sblocco di Immuni può essere sia l’operatore sanitario che ha comunicato l’esito del referto, sia un operatore telefonico del call center dedicato a Immuni, raggiungibile al numero verde 800 91 24 91.
Questo passaggio manuale ha rappresentato uno degli ostacoli più importanti nell’utilizzo dell’App durante il picco della pandemia, quando gli operatori erano impegnati nella gestione dell’emergenza.
*Codice Univoco Nazionale: identifica univocamente l’esito di un tampone molecolare, sia esso positivo o negativo. È composto da 10 caratteri preceduti dal suffisso CUN-.