I piccoli pazienti oncologici e i benefici di un approccio “virtuale” alla loro terapia del dolore
I bambini ammessi alle strutture sanitarie vengono esposti a procedure potenzialmente dolorose su base giornaliera. Il dolore si traduce in ansia e stress che, a sua volta, hanno un impatto negativo non solo sulla capacità del bambino di affrontare il trattamento/l’intervento ma anche sul suo recupero.
Le tecniche non-farmacologiche (ad es. immagini, ipnosi, storytelling, gioco, musica) sono da tempo promosse come complementi utili agli analgesici: è stato recentemente documentato, infatti, che i bambini possono beneficiare di più dai giochi interattivi rispetto alle strategie di distrazione passive (ad esempio “guardando” un video)1.
Abbiamo già parlato di come, in alcuni ospedali in America ed Europa, la realtà virtuale sia stata introdotta per aiutare genitori e bambini a superare la paura dei vaccini e soprattutto sostenere i pazienti partendo dalla loro mente e le proprie emozioni, per aumentare l’accettazione della terapia e generare un follow-up migliore.
Un’APP che fa la differenza nell’ambito della gestione del dolore nei piccoli pazienti oncologici
Offrire ai bambini un posto sicuro dove distrarsi dalla routine ospedaliera, trovare un modo per eliminare lo stress e riconquistare il proprio equilibrio emotivo rappresenta un approccio olistico ai pazienti in grado di ridisegnare l’attuale approccio terapeutico.
E qui entra in gioco TOMMI, il videogame per bambini con patologia oncologica, in grado di aiutarli nel momento della cura coinvolgendo assistenti e psicologi.
Una startup che si occupa di oncologia pediatrica e realtà virtuale. Un connubio particolare. Come è nata TOMMI?
TOMMI è nato durante il primo hackathon dell’azienda farmaceutica Merck in Italia, a novembre 2016. Durante la maratona di 24 ore ci è stato chiesto di proporre soluzioni innovative ai problemi dell’healthcare e dopo le prime ore di riflessione e condivisione di idee, abbiamo pensato di affrontare il problema dell’aderenza alla terapia, in particolar modo dei giovani pazienti oncologici. Il target, ben definito e caratterizzato da condizioni estreme, ci ha permesso di delineare chiaramente i bisogni a cui far fronte.
La soluzione a cui abbiamo pensato nel bel mezzo di quella notte è stata un gioco. Il problema dei bambini ospedalizzati, come in fondo di ogni paziente, è, oltre la malattia, la condizione mentale in cui vivono. Sempre le stesse quattro mura per ore, settimane, mesi. Un limite spaziale che finisce per sottolineare pesantemente ancora di più i limiti della loro condizione di salute.
Con un gioco, abbiamo pensato di offrire loro una finestra attraverso cui andare oltre quelle quattro mura, per dimenticare dolore e ansia e ritrovare momenti di gioia e spensieratezza. Un gioco, però, arricchito da una nuova tecnologia, capace di incrementare ulteriormente il grado di coinvolgimento e distrazione: la realtà virtuale. Gli effetti di questa sulla psiche degli utenti viene oggi sempre più studiata e scientificamente validata in numerosi centri nel mondo, per trattare il dolore, affrontare fobie, attenuare lo stress.
Da quel momento, TOMMI ha iniziato a maturare nella nostra mente, rendendo il gioco un punto di partenza con cui supportare non solo i bambini, ma tutti i protagonisti del percorso terapeutico, compresi i genitori e lo staff medico.
Come coniugate la gamification con la terapia?
Il termine gamification si riferisce all’applicare ad attività tradizionalmente non ludiche le meccaniche proprie dei giochi, in modo da arricchire le prime con la spinta motivazionale ed il coinvolgimento che rendono così magico e naturale il gioco. Nel caso di TOMMI parliamo già di per sé di un videogioco, tuttavia al suo interno i test normalmente eseguiti dal personale medico per monitorare il paziente vengono strategicamente proposti ai giovani giocatori, “mimetizzandoli” nella storia del gioco. In questo modo, le performance dei pazienti possono essere monitorate abbassando la normale diffidenza e paura che si accompagna a procedure strettamente cliniche, offrendo ai medici uno strumento con cui cogliere più facilmente informazioni sui bambini ospedalizzati.
A che punto siete del progetto?
Il gioco è al momento disponibile in versione DEMO, formata da un set di esperienze basate sulle ricerche che stiamo seguendo negli ospedali a stretto contatto con medici, psicologi, terapisti, pazienti e caregivers. L’obiettivo è di avere una versione dimostrativa di come funziona la realtà virtuale quando viene contestualizzata nell’ambito ospedaliero e come vengono raccolti i dati durante le sessioni di gioco. Allo stesso tempo, le informazioni che stiamo raccogliendo vengono usate per progettare la struttura finale del gioco che prevediamo di rilasciare nella prima versione pronta per la validazione scientifica entro metà 2018, seguita dalla versione ready to market nella prima metà del 2019.
Si sa che nel percorso di ogni startup ci sono alti e bassi. Raccontaci un momento di grande soddisfazione e uno di difficoltà.
Non esiste più grande soddisfazione che scoprire che tutto il lavoro dedicato per realizzare il nostro progetto, oltre le strategie di business ed i dettagli dello sviluppo tecnico, può davvero aiutare i nostri utenti finali. Recentemente, durante le nostre ricerche presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma, abbiamo fatto provare la DEMO ai bambini del reparto oncologico.
Una mattina, arrivati in ospedale, ci è stato riferito che un ragazzo era particolarmente nervoso e stava diventando difficile gestirlo. Sul momento, abbiamo pensato di andare a trovarlo e fargli provare TOMMI. Provandolo, il giovane paziente ha iniziato subito a giocarci e parlare della sua passione per i videogiochi. Sorridendo. Un’enorme soddisfazione che ci incoraggia ogni giorno ad andare avanti ma soprattutto ci fa capire la grande responsabilità legata al progetto che stiamo perseguendo.
Per quanto riguarda un momento di difficoltà, credo che sia stato soprattutto durante il percorso di Accelerazione di Merck, dove abbiamo capito che una magnifica idea con un nobile scopo ha bisogno di una strategia estremamente lucida e schietta per camminare nell’ambito “business”.
Siamo cresciuti grazie alle domande dirette e concrete sul nostro business model da parte dei coach di Merck, pronti a metterci sempre in discussione, per evidenziare qualsiasi punto debole senza però farci mai perdere la motivazione dietro TOMMI.
La difficoltà, che tuttavia è soprattutto un’opportunità, è stata comprendere come adattare la nostra idea alle dinamiche del mercato ed alla struttura del sistema sanitario, per supportare i pazienti in maniera sostenibile e scalabile.