di , 14/05/2021

Pubblicato uno studio sulla rivista medica “Neurological Sciences” sul Digital Divide durante la pandemia

Lo studio è stato condotto dal Dottor Andrea Arighi, Neurologo del centro CDCD (Centro per i Disturbi Cognitivi e le Demenze), e diretto dal Prof. Elio Scarpini, Centro “Dino Ferrari” dell’Università degli Studi di Milano, Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico.

La necessità era quella di evidenziare i punti di forza e le criticità della telemedicina, applicata ai pazienti neurologici di un’importante clinica del Nord Italia.

Introduzione

Il grande numero di ricoveri per covid ha indotto il Ministero della Salute a raccomandare il rinvio o l’annullamento delle visite ambulatoriali dei pazienti con patologie croniche.

I medici hanno dovuto trovare strategie e imparare ad usare nuovi strumenti digitali per gestire i loro pazienti anche da remoto.

Sono fiorite soluzioni di telemedicine, mentre quelle esistenti sono state aggiornate ed ampliate per venire incontro a medici e pazienti.

Questo rapido fiorire della Salute Digitale, ha reso, però, difficile per entrambi gli stakeholder coinvolti, anticipare i problemi e soprattutto quello che viene chiamato il Digital Divide*.

* Il Digital Divide è un divario che si crea nella distribuzione ineguale nell’accesso o utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) tra qualsiasi gruppo di utenti, definiti in base a criteri sociali, geografici, geopolici, o altri.

Obiettivo dello studio è stato quello di definire e descrivere il digital divide dei pazienti neurologici durante la pandemia in Italia.

Lo studio

I soggetti sono stati arruolati nello studio dalla metà di Aprile (quando l’ospedale ha implementato la telemedicina) alla fine di Luglio 2020 presso il Centro Alzheimer della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano (Italia).

108 pazienti neurologici sono stati contattati dal personale amministrativo per proporre il servizio di televisita tramite Microsoft Teams.

Il software ha permesso ai neurologi di comunicare con i pazienti dalle loro postazioni di lavoro, avviando una videochiamata e utilizzando una cuffia. Durante la videochiamata, i neurologi hanno raccolto le informazioni sociodemografiche dei pazienti e le caratteristiche del caregiver che assisteva il paziente.

Il caregiver del paziente è stato contattato per telefono per una rapida valutazione nel caso in cui la connessione non potesse essere stabilita attraverso il software. I neurologi hanno registrato se la connessione durante la visita televisiva era avvenuta con successo o meno, considerando solo la presenza o l’assenza di una corretta connessione per comunicare.

I risultati

Solo 74 pazienti (68,5%) sono riusciti a collegarsi con il neurologo in televisita. 34 pazienti (31,5%) non sono riusciti a collegarsi e sono stati successivamente contattati per telefono.

Non sono state osservate differenze significative tra i due gruppi. L’unico discriminante per la riuscita della televisita è stata l’eta del caregiver.

Le videovisite effettuate in presenza di soggetti di generazione più giovane avevano un tasso di successo più alto (86%). Questo ha portato alla conclusione che i fattori che hanno maggiore incidenza sul digital divide nella popolazione sono le reti sociali di supporto e l’esperienza con la tecnologia – leggi la presenza di un caregiver nativo digitale.

I ricercatori hanno, inoltre, notato che quando il lockdown generale è finito, le televisite hanno avuto maggiore successo perché figli e nipoti sono stati in grado di raggiungere più facilmente la casa dei pazienti.

Conclusioni

La pandemia ha evidenziato numerose disuguaglianze sociali, legate anche e soprattutto alla tecnologia.

Questa crisi sanitaria rappresenta il primo evento su larga scala per il quale le disuguaglianze digitali diventano un importante fattore di vulnerabilità.

Più che soffermarsi sulla necessità di fornire lo strumento tecnologico al paziente/caregiver – un pc, un tablet o un telefono di ultima generazione – bisognerebbe pensare di migliorare la loro familiarità con la tecnologia stessa, così da eliminare anche la paura dell’ignoto che diventa il limite all’adozione della telemedicina.

Si rendono, dunque, necessari interventi politici e comunitari per sostenere la popolazione socialmente più vulnerabile e prevenire così le disuguaglianze anche in fatto di salute.