Mettiamo subito in chiaro una cosa. #femtech non riguarda solo le app dedicate alla genitorialità femminile.
Il termine "FemTech" è stato coniato per la prima volta nel 2016 dall'imprenditrice Ida Tin. Nel corso di pochi anni, è cresciuto fino a comprendere una serie di prodotti e soluzioni abilitati dalla tecnologia e incentrati sul consumatore.
L’industria, infatti, comprende una vasta gamma di prodotti tecnologici dedicati alla salute e benessere del mondo femminile. Perché? Perché non tutte le donne hanno bisogno di accedere a servizi dedicati alla fertilità. Assistenza primaria, Salute Mentale e supporto durante la menopausa concorrono a migliorare la qualità di vita delle donne.
Le donne, si sa, prendono gran parte delle decisioni in materia di assistenza sanitaria familiare. Sono, però, anche meno avvezze all’utilizzo dei servizi di Salute Digitale. Una delle cause potrebbe essere correlata alla maniera in cui questi tool vengono progettati, senza, cioè, tenere conto di esigenze e priorità di salute delle donne.
La rivoluzione della Salute
Le aziende classificate come FemTech potrebbero rivoluzionare l’assistenza sanitaria in diversi modi.
Possono aiutare a:
- sviluppare un percorso di cura su misura (prende, dunque, in considerazione anche razza e cultura)
- migliorare la diagnosi, soprattutto in casi di endometriosi e parti pre-termine
- riscattare le aree stigmatizzate (es. salute mestruale, salute sessuale, cura pelvica e menopausa)
- responsabilizzare le pazienti sulla loro salute tramite soluzioni di auto-diagnosi/cura, ovvero tracker e wearable
Tutto ruota intorno ai finanziamenti
Secondo quanto condiviso da Crunchbase, il 2021 è stato un anno speciale per il femtech, dato che i finanziamenti di venture a livello globale hanno superato per la prima volta la soglia di 1,2 miliardi di dollari.
Ancora una volta, dobbiamo “ringraziare” la pandemia per l’impatto importante che ha avuto sull’imprenditorialità femminile. E a quanto condivide PitchBook, i dati confermano che quanto avvenuto vada ben oltre le aspettative.
Secondo il report di PitchBook anche il movimento #MeeToo ha avuto un impatto sulla presenza femminile tra gli investors e alla guida delle startup che hanno ricevuto fondi.
Tra il 2018 e il 2019, infatti, il numero di Angels donna è cresciuto del 37,8% e ci si aspetta che il numero continui a crescere. Così come i fondi a startup guidate da donne sono aumentate del 67,8%. Nel 2021 quasi il 30% degli investimenti di Angels donna è andato a società fondate e guidate da donne.
Negli Stati Uniti, inoltre, il 2021 è stato un anno importante anche per le exit di società fondate da donne. In ambito Health, nei soli primi 9 mesi dell’anno, inoltre, le aziende fondate da donne hanno raccolto 7,8 miliardi di dollari.
Entro il 2027, si prevede che il mercato globale femtech crescerà fino a 60 miliardi di dollari.
Nel 2021, diversi accordi femtech considerevoli si sono verificati nel settore Health, elevando ulteriormente la visibilità di questo tipo di startup. Flo ha raccolto un round di Serie B da 50 milioni di dollari, mentre Maven Clinic è diventata il primo unicorno femtech dopo un round di Serie D da 110 milioni di dollari.
Abbiamo davvero bisogno del #femtech?
Leggendo più nel dettaglio il report di PitchBook, viene fuori una controversia importante anche sull’uso del termine femtech.
Molte persone, infatti, propongono di usare un termine diverso per evitare di alienare le persone non binarie / trans, che sperimentano molte di queste preoccupazioni relative alla salute.
Altri suggeriscono che la creazione di una categoria separata per la salute delle donne all’interno della verticale healthtech alieni le donne e le posizioni come “altro”, mentre gli uomini rappresenterebbero “la norma”.
Non esiste, infatti, un termine sinonimo – mentech – per designare prodotti e servizi sanitari specifici per gli uomini.
Resta, allora, da vedere come queste conversazioni cambieranno il modo in cui descriviamo e ci riferiamo alle startup “femtech” in futuro.