Dal modello ospedale-centrico alla casa come luogo di cura
Grazie alla recente definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che prevede il potenziamento dei servizi domiciliari dedicati alla salute, anche e non solo tramite la telemedicina, l’evoluzione della casa come principale luogo di cura si è consolidato come tema centrale nel dibattito politico e sociale italiano. È un grande passo avanti rispetto a un modello ospedale-centrico, scarsamente integrato alla rete territoriale, che ha caratterizzato per molti decenni la struttura e la dinamica del nostro servizio sanitario nazionale.
Tuttavia, proprio in un momento storico unico, in cui avremo i fondi e la consapevolezza per evolvere verso un cambio di paradigma e modello di salute, potremmo osare e spingerci oltre, immaginando un sistema socio-sanitario che ponga la persona al centro, prima ancora che la sua casa. L’occasione da non perdere, anche grazie alla connettività diffusa e la raccolta e analisi sistematica dei dati, potrebbe davvero essere quella di trasformare il paziente stesso nel «locus» di cura.
Ricollocando la persona al centro, la casa diventerebbe uno dei diversi luoghi fisici in cui la persona potrebbe monitorare la propria salute e ricevere servizi volti alla prevenzione, al prendersi cura di sé e alla cura.
Grazie alle rapide evoluzioni tecnologiche, avremmo l’opportunità di porre al centro del Sistema l’esperienza di salute dell’individuo e di erogare informazioni e servizi di prevenzione e di cura in modo sempre più continuo, personalizzato, integrato e anche de-localizzato.
La de-localizzazione dell’erogazione dei servizi
In ordine di valutarne la fattibilità, pensiamo ad altri settori in cui ormai la de-localizzazione dell’erogazione dei servizi è prassi comune, come quello bancario o di retail, dove al centro vi è la persona e la sua esperienza, resa sempre più fluida (seamless), integrata e personalizzata mediante l’utilizzo efficace di interfacce e piattaforme digitali, supportate da una continua analisi di dati, con elevati standard di sicurezza, confidenzialità ed integrità. Grazie all’evoluzione tecnologica, anche la sanità potrebbe utilizzare soluzioni digitali, che siano sempre più spesso clinicamente testate in termini di sicurezza ed efficacia, per integrare e potenziare il servizio socio-sanitario, la pratica clinica e l’esperienza di salute del cittadino/paziente; nonché la ricerca nell’ambito delle life sciences e la gestione della sanità pubblica.
Il cittadino medio, soprattutto in tempi post-pandemici, passerà molto tempo fuori casa e sarebbe di forte valore aggiunto far sì che possa accedere a una gamma di servizi di salute digitale in ogni momento e contesto in cui vive e agisce. Sarebbe altresì importante poter raccogliere, nel rispetto della privacy, una mole sempre più significativa di dati sullo stile di vita del singolo e delle comunità di riferimento, a supporto poi di politiche pubbliche e interventi sanitari volti a favorire una società più in salute. Anche il paziente affetto da patologie croniche, non eccessivamente debilitanti, si trova spesso a dover convivere con la propria malattia fuori dalle mura di casa. Non potrà che essere di grande valore aggiunto poter monitorare il proprio stato di salute e accedere a servizi dedicati ovunque si trovi, aumentando la propria qualità di vita e le possibilità di continuare le proprie attività lavorative e sociali. In tale contesto, sarebbero inoltre da considerare anche i caregiver familiari, che si stima rappresentino il 40%[1] degli occupati tra 18 e 64 anni, che spesso hanno dovuto abbandonare un lavoro fuori casa (nel 60% dei casi) per dedicarsi a tempo pieno all’attività di cura di un familiare non più autonomo. Potrebbero difatti beneficiare immensamente da applicativi che permettessero loro di monitorare e supportare i propri familiari a distanza, oltre le mura del domicilio, interagendo con il team clinico e sociosanitario di riferimento.
Il domicilio rimane un luogo importante di cura, soprattutto per le persone più fragili, spesso anziane, ed è corretto potenziarlo. Tuttavia, porre più enfasi sulla centralità della persona non escluderebbe il domicilio, semplicemente lo renderebbe uno dei molteplici luoghi dove monitorare la propria salute e accedere a servizi di salute dedicati, anche grazie alle innovazioni digitali.
Queste stesse innovazioni, integrate da interventi organizzativi adeguati, permetterebbero al personale sanitario e sociosanitario di avere più dati clinici, informazioni e strumenti per effettuare diagnosi e interventi (di persona o in remoto, presso il domicilio, sul luogo del lavoro, a scuola, in ospedale o altrove) in modo più tempestivo, coordinato, integrato e quindi anche potenzialmente più efficace. La mole di dati raccolti potrebbe, inoltre, informare ed alimentare sia la ricerca che la gestione più efficace ed efficiente della sanità pubblica della popolazione nel suo insieme.
Salute Digitale: oltre la telemedicina
Durante la pandemia, la telemedicina nelle sue varie forme, alcune delle quali incluse nelle Indicazioni Nazionali per l’Erogazione di Prestazioni in Telemedicina del Ministero della Salute ed approvate in Conferenza Stato-Regioni il 17 dicembre 2020, ha mostrato le sue grandi potenzialità nell’integrare e potenziare l’erogazione di servizi di salute, anche al domicilio. Tuttavia, le potenzialità della salute digitale, che includono ma vanno anche oltre la telemedicina, permetterebbero fin da oggi di alimentare in modo dirompente questo cambio di paradigma in grado di porre la persona al centro.
Pensiamo ai wearable e i sensori integrabili negli ambienti in cui operiamo o nei nostri smartphone, tablet e computer; pensiamo alle piattaforme digitali, alimentate dal cloud e edge computing, che permetterebbero la raccolta e l’analisi di dati derivanti da più fonti, integrabili nel Fasciolo Sanitario Elettronico (FSE), come dati standardizzati, consistenti, «machine readable» e per questo utilizzabili da innumerevoli altre applicazioni. Pensiamo a sistemi di analisi dei dati e di intelligenza artificiale che, in modo sempre più efficace ed attendibile, potrebbero permettere di estrapolare informazioni e fornire un supporto decisionale al cittadino/paziente, al caregiver e al personale sanitario. Pensiamo alle terapie digitali, ove necessario, integrate al farmaco per trattare in modo continuo e non invasivo alcune patologie e favorire uno stile di vita più salutare. Immaginiamoci una sanità che metta a sistema i dati, nel rispetto della privacy, per prevenire il rischio di patologie e ove necessario per curarle in modo personalizzato, fornendo servizi personalizzati ovunque si trovi il paziente – sul luogo del lavoro, a casa, a scuola, in viaggio, o altrove. Immaginiamo un Sistema Sanitario che possa utilizzare i dati per guidare politiche di epidemiologia che permettano di gestire al meglio la sanità pubblica, nonché di contenere rischi pandemici.
Le tecnologie ci sono.
Ora spetta a noi pensare alle politiche, alle regolamentazioni che ne garantiscano la rimborsabilità, così come ai processi operativi e allo sviluppo delle competenze perché i cittadini/pazienti e il personale sanitario possano essere a tutti gli effetti al centro dell’innovazione e della trasformazione digitale della salute e della sanità che, come abbiamo visto, sono indispensabili per la crescita e sostenibilità socio-economica del Paese.
I fondi europei permetteranno finalmente di sostenere l’innovazione in sanità – cerchiamo di guardare con decisione oltre le mura degli ospedali o delle case, nonché oltre le singole aree terapeutiche e potenzialmente oltre i confini nazionali. Poniamo la persona al centro e tramite la raccolta di dati con modalità sempre più integrate, miriamo a fornire servizi e soluzioni di salute volti a migliorare lo stile di vita, prevenire le malattie e, ove necessario, curarle e monitorarle in modo continuo, personalizzato e integrato.
[1] Istat, 2019