L’ambito Health è sicuramente uno dei più attivi e vitali. L’accostamento di termini quali tecnologia digitale e innovazione al termine “Salute” crea scenari e immaginari tra i più ispirazionali, promettenti e visionari.
Quando si parla di digitale e di salute non si può non far riferimento all’area della mHealth.
Tema di tendenza al quale l’IMS ha dedicato un recente lavoro, investigando in particolare la “Patient Adoption of mHealth” e in generale l’utilizzo, le evidenze e le attuali resistenze ad un uso di massa di tali applicazioni nel processo di gestione della salute.
Secondo il report IMS (disponibile sul www.imshealth.com), il numero di download di mHealth App in soli 3 anni è più che duplicato.
Ma cosa sono queste mHealth app?
Le mHealth App sono quell’insieme di applicazioni e contenuti creati per devices mobili con lo scopo di “intervenire”, in un qualche modo, su uno o più aspetti legati all’ambito della Salute. In generale le mHealth app possono essere raggruppate in due macro categorie:
– Wellness, che include app per il fitness (ad es. Fitbit), stile di vita e nutrizione (myfitnessPal, etc.) e che si collocano nella fase del behavioral change e del benessere preventivo.
– Disease & treatment management che include, invece, le app utili nella gestione di una specifica patologia e che supportano tutte le fasi che vanno dalla diagnosi al trattamento al controllo della stessa (ad es. Amicomed per il controllo della pressione arteriosa, One Drop per la gestione del diabete, amiko.io per migliorare la compliance al trattamento).
Interessante il dato che fa emergere come più della metà delle oltre 26.864 app iOS e Android, selezionate tra quelle maggiormente utilizzate e analizzate nel report IMS, ricadano nell’area Wellness.
Questo dato ci conferma che da parte dei pazienti c’è un forte desiderio di salute e una forte consapevolezza che, per mantenersi sani, bisogna prendersi cura di sé prima ancora che si sviluppi una malattia.
Ma questo non è un dato che riguarda solo i pazienti. Anche tra i providers di salute inizia ad esserci questa tendenza a consigliare mHealth ai propri pazienti, prevalentemente per cambiare lo stile di vita e, in misura minore, anche per la gestione e il controllo di particolari patologie.
Dal report emerge un altro dato interessante, quello della resistenza all’utilizzo della mHealth come strumento effettivo nel processo di cura. Il che è difficile da spiegare se solo si pensa a quanti problemi del tradizionale processo di gestione della salute (un cattivo controllo dello stile di vita, un errato uso o un uso inappropriato o sub ottimale dei farmaci, una conseguente non aderenza alla terapia e quindi il fallimento degli obiettivi terapeutici, l’annessa frustrazione per medici e pazienti e l’innalzamento dei costi economici della cura) potrebbero essere risolti, o in parte limitati, con l’utilizzo di strumenti digitali opportunamente selezionati.
Il perché di questa resistenza?
Mancano delle forti evidenze cliniche che siano sufficienti a giustificare la spesa della produzione di mHealth e l’adozione di queste in protocolli di cura. Non dimentichiamoci inoltre dei problemi di accessibilità a questo tipo di strumenti e dei sempre delicati problemi di gestione della privacy e del dato personale.
Come si colmano questi gap?
Sicuramente facendo in modo che tutti gli stakeholders del sistema salute (APP developers, organi istituzionali e regolatori, payers, sistema sanitario, providers di salute e pazienti) remino nella stessa direzione:
– selezionando gli strumenti di mHealth migliori, che abbiano il potenziale di essere realmente utili per il miglioramento delle cure (rimarcabile, in questa direzione, la Digital Health StoryMap, un innovativo tool che raccoglie una selezione delle migliori startup e delle più promettenti soluzioni in ambito Digital Health, categorizzandole in base a diversi parametri: ciclo di salute e cura, impatto su specifiche patologie o aree del corpo e utilizzo nei diversi momenti della giornata).
– stabilendo per queste delle linee guida regolatorie per la gestione dei dati sensibili e della privacy,
– inserendo i migliori progetti di mHealth in protocolli e modelli di cura effettivi,
– rendendoli rimborsabili e disponibili al maggior numero di persone possibile.
L’esempio di Tinnitracks, un’innovativa app per la cura dell’acufene che, pur non usando alcun farmaco, è riconosciuta a tutti gli effetti come “terapia”, ci dimostra che tutto ciò è possibile e deve essere perseguito.
E in particolare, noi Digital Innovators? Qual è il nostro ruolo? Come si collocano tecnologia e innovazione digitale in questo processo?
Grazie all’intuito, allo studio, alla sperimentazione di tecnologie sempre nuove, al coraggio e alla follia di alcuni pionieri, il concetto di mHealth si è evoluto velocemente e le semplici applicazioni per mobile devices sono diventate ben altro: devices perennemente connessi, wearables, sensori e health devices appendix oggi non sono più fantascienza, sono una realtà. In un tempo non troppo lontano ci vestiremo di sensori che potranno predire un infarto settimane prima che accada e far diventare l’intervento in urgenza un intervento ambulatoriale pianificabile.
Senza paventare un futuro in cui la tradizionale interazione medico/paziente verrà completamente sostituita, è sicuramente possibile prevedere che la tecnologia avrà un ruolo sempre più pervasivo e rilevante nel miglioramento degli outcomes, nella riduzione dei costi e nell’evoluzione dell’intero processo di salute.
Mi piace pensare che con il supporto di tutti gli stakeholders del sistema Salute, sarà presto possibile costruire un circolo virtuoso di cura aumentata che, traslando i concetti della realtà aumentata all’health, consentirà di guardare sempre “oltre” i tradizionali concetti di cura.
Ma questo significa anche che presto non potremo più accontentarci del medico che prescrive l’app di tracking dell’attività fisica e delle calorie assunte ai pazienti più sedentari e golosi; né del medico che diventa parte della community online connessa all’app del suo paziente e che sta lì a spronarlo e ricordargli come prendersi cura di sé; né del medico che insieme alla terapia consiglia l’app per tenerne traccia. Non solo e non più, perché questo c’è già… ed è il presente!
Non possiamo più pensare che i devices connessi alla scatola delle medicine, o i sistemi di alert che ci avvisano quando dimentichiamo di prenderle siano il futuro che migliora l’aderenza alla terapia. Anche questo c’è già… ed è il presente!
E anche il wearable che traccia costantemente i parametri vitali, che avvisa tempestivamente me e i miei cari in caso di variazioni sospette non è fantascienza. Questo esiste già… ed è presente!
A me piace pensare che l’mHealth sia già il presente. Quello che da questo presente mi aspetto è che si trovi presto il modo per integrare tutti questi piccoli tesori di health technology in maniera sistematica e capillare, nel quotidiano di tutti i pazienti.
A me piace pensare che l’mHealth sarà presto il passato e che, come tale, verrà presto rielaborato e fatto evolvere.
A me piace pensare che noi, digital health innovators, possiamo già focalizzarci su un nuovo futuro e che i tempi siano già maturi per una nuova era, tutta da esplorare e disegnare: l’Augmented Healthcare Era.