Con la conclusione della fase di emergenza della pandemia da Covid-19, i sistemi sanitari di tutto il mondo devono affrontare numerose criticità: carenza di personale, liste di attesa troppo lunghe, risorse economiche limitate, progressivo invecchiamento della popolazione. Tali sfide stanno persuadendo i decision-maker e i professionisti in ambito sanitario a fare sempre più ricorso a soluzioni digitali e all’intelligenza artificiale per poter implementare nuovi modelli di erogazione delle cure, più vicini alle mutate aspettative dei pazienti.
Sono queste le principali tendenze che emergono dall’edizione 2023 del Future Health Index, condotto da Philips in 14 Paesi, tra cui l’Italia, che analizza prospettive e priorità, attuali e future, per i leader della sanità e i professionisti sanitari più giovani.
Inoltre, i dati dello studio evidenziano che si sta cercando di estendere sempre più l’assistenza al di fuori dell’ospedale. Infatti, più della metà degli intervistati sostiene che le proprie strutture stanno già fornendo cure a lungo termine (66%), d’emergenza (51%) e per la riabilitazione fisica (59%) al di fuori della sede ospedaliera centrale.
La fiducia dei professionisti italiani verso l’intelligenza artificiale
Per quel che riguarda l’Italia, l’86% dei leader della sanità italiana afferma oggi di trovarsi di fronte a pressioni finanziarie e il 64% dichiara di stare agendo attivamente per affrontare queste sfide, concentrando i propri sforzi in particolare sull’efficienza.
In questo contesto, la fiducia da parte dei leader della sanità italiani nei confronti dell’intelligenza artificiale è molto alta: il 74% sta attualmente investendo in IA, in linea con la media europea (77%) e al disopra di quella globale (59%), ma nei prossimi tre anni la prospettiva di investimento in questa tecnologia nel nostro Paese supererà (95%) addirittura quella europea (90%) e globale (83%).
In particolare, il 45% dei leader della sanità italiana dichiarano che nei prossimi tre anni vorrebbero fare investimenti in intelligenza artificiale per ottimizzare l’efficienza operativa: vale a dire automatizzare la documentazione, programmare appuntamenti e attività, migliorare il flusso di lavoro. In più, il 42% dei leader e dei giovani professionisti concordano nel considerare l’IA una tecnologia utile a integrare la diagnostica e che avrà il maggiore impatto sull’assistenza ai pazienti.
Per sfruttare appieno il potenziale dell’innovazione digitale e garantire il successo dei nuovi modelli di erogazione delle cure, restano tuttavia alcune barriere da superare. In primis, l’interoperabilità dei dati (per il 25% dei leader italiani della sanità, rispetto al 19% dei colleghi europei e al 17% a livello globale) e lo scambio di un flusso più fluido di informazioni tra le strutture sanitarie (per il 23% dei leader della sanità e dal 20% dei professionisti sanitari più giovani).
L’importanza delle partnership con soggetti esterni impegnati nell’AI
Il 30% degli intervistati e il 24% dei colleghi più giovani afferma di lavorare attualmente con aziende del settore Health Technology, e prevede di farlo anche nei prossimi 3 anni, a conferma del valore delle partnership nel lungo periodo. I progetti con le aziende che forniscono tecnologie sanitarie contribuiscono ad aumentare know-how, risorse e strategie all’interno delle strutture. Il 33% dei leader della sanità e il 28% dei professionisti sanitari più giovani, invece, hanno intenzione di collaborare con aziende IT o data provider nei prossimi tre anni.
Inoltre, nei prossimi tre anni, il 34% dei leader della sanità vorrebbe che il proprio ospedale o struttura sanitaria collabori con centri di medicina d’urgenza. Un dato di gran lunga superiore alla media globale (20%) e in linea con la media europea (29%).