Ritorna il prossimo 10-12 Maggio l’appuntamento con l’Health 2.0, la principale conferenza internazionale sull’innovazione più avanzata in ambito sanitario, e io mi sento entusiasta all’idea che anche quest’anno Paginemediche, la piattaforma italiana di digital health on line dal 2001, è Media Partner ufficiale dell’evento!
Lo scorso anno nel cuore della Catalogna ho vissuto giorni caratterizzati da numerosi incontri e convegni durante i quali ho avuto modo di sperimentare esperienze interessanti e dare risposta ad alcune delle domande di maggiore interesse per chi, come me, si occupa di digital health:
- le nuove tecnologie stanno davvero influenzando l’assistenza sanitaria e la ricerca scientifico-farmaceutica?
- gli strumenti digitali oggi disponibili possono migliorare quella che si può definire “esperienza salute”? possono davvero creare una consapevolezza e una migliore gestione della propria salute?
- la cosiddetta mobile health può essere una soluzione soprattutto nei paesi in via di sviluppo?
A queste domande la risposta è stata chiaramente SI.
Ma devo ammettere che Barcellona mi ha dotato di una lente di ingrandimento verso un futuro che è già qui, un futuro che è diventato presente nel 2014, anno che possiamo considerare cruciale per la digital health, un futuro su cui sono già pronti a scommettere investitori, aziende farmaceutiche e compagnie assicurative di tutto il mondo. E la scommessa è sicuramente rappresentata dalla capacità di implementare soluzioni che permettono all’utente finale di accedere allo specialista di cui ha bisogno, dalla possibilità di realizzare prodotti digitali che hanno lo scopo di migliorare e facilitare i processi di closed loop marketing e dalla volontà di sviluppare servizi pensati per il trasferimento veloce di conoscenze e informazioni sulla salute.
A quasi un anno di distanza dall’edizione del 2015 e dopo aver fatto tappa a Milano nel mese di novembre per la partecipazione alla traccia Health di Frontiers of Interaction, mi rendo conto che il futuro più prossimo non è quello della divergenza e della distanza che l’utilizzo di alcuni devices può far immaginare, non è quello che hanno lasciato presagire i fratelli Wachowski in Matrix (anche se la recente foto di Mark Zuckerberg che cammina in una sala, al Mobile World Congress, attorniato da persone immerse nella loro realtà virtuale, al punto tale da non notare la presenza del creatore di Facebook mi ha portato alla mente proprio la scena in cui gli umani crescono in baccelli amniotici e sperimentano il mondo attraverso spine elettriche collegate alle loro teste); nulla di tutto questo.
Il futuro che ho avuto modo di vedere, almeno quello della digital health, è rappresentato da soluzioni capaci di favorire vicinanza (non solo geografica) e prossimità d’intenti nella gestione del paziente tra medico e farmacista, da servizi in grado di stabilire un rapporto tra le parti di tipo collaborativo e rispetto al quale le aziende farmaceutiche possono posizionarsi come un deus ex machina tanto nella formazione professionale quanto nella definizione della scelta terapeutica. È un futuro già presente se si considerano condizioni ormai universali, come il diabete, l’infertilità o l’Alzheimer, per le quali dispositivi indossabili, tecnologia 3D, droni e in generale la Telemedicina (con sistemi di assistenza e prescrizione on-line e consultazioni video dirette tra pazienti e medici) rappresentano oggi un mercato sempre più attraente e sicuramente continueranno ad essere uno dei temi caldi dei prossimi anni.
Usando le parole di Roberto Ascione, imprenditore e opinion leader internazionale e attuale CEO di Healthware International,
È chiaro che in questo scenario in rapida evoluzione, dove i dati sanitari possono essere monitorati e analizzati con dispositivi, applicazioni e piattaforme in grado di dare a chiunque una visione olistica, reale e contestuale della propria salute e benessere, il concetto di future health non sembra più così lontano.
E questo, sento di aggiungere, anche grazie a eventi come Health 2.0 o come il FOI Health, dove enormi quantità di informazioni vengono condivise – in maniera geniale – e la creazione del nuovo nel nostro settore diventa possibile tramite associazioni, a volte anche insolite, di idee. Perché essere innovatori nel settore della digital health significa promuovere soluzioni che sicuramente nei prossimi anni avranno un notevole impatto sui flussi di lavoro e nella gestione della comunicazione medico – paziente; significa guardare oltre l’Apple Watch e scoprire che ci possono essere sensori per il monitoraggio cerebrale e dispositivi per quantificare per esempio il livello di stress di una persona che rappresentano una vera e propria rivoluzione, significa pensare di gestire la proprio salute semplicemente con un click e vivere meglio con un app; significa incrementare i livelli di comprensione linguistica in termini didisease awareness ed eliminare realmente ogni barriera all’educazione sulla salute, significa credere e scommettere sul video come formato capace di generare viralità anche quando si parla di salute. Anzi, credo sia proprio questa la nuova sfida da vincere in generale nel mondo della digital health: adottare soluzioni specifiche a livello globale, come per esempio Videum, che possonofornire informazioni affidabili e rendere disponibile la salute – in senso lato – a tutti gli utenti del mondo, raggiungendoli in tutte le lingue. Senza necessariamente avere informazioni che provengono direttamente dai medici o che sono solo esclusivamente condivise tra i medici. Più in generale far sì che gli stessi pazienti, dialogando tra loro, arrivino a costituire una “community online multi-language” dove – proprio come accade su Wikipedia – se c’è disinformazione c’è anche chi può correggere, intervenire, integrare e soprattutto tradurre in tutte le lingue del mondo.
Io credo e voglio credere in questo futuro, o forse dovrei dire in questo ritorno al futuro :), perché c’è una verità che è insindacabile: la ricerca della salute è nata con l’uomo, la salute da sempre il nostro bene più prezioso, un bisogno imprescindibile che genera benessere e quindi felicità. E se è vero che le persone spendono tempo e denaro per soddisfare il proprio benessere ed essere felici, allora posso affermare che la felicità e quindi la salute è un business che appartiene a tutti, un business che con Paginemediche voglio continuare a sviluppare e sul quale voglio personalmente investire la mia vita.
Pubblicato precedentemente su Paginemediche