I dati e le evidenze di real world potrebbero in un futuro prossimo diventare co-protagoniste nel processo regolatorio del farmaco e un importante strumento di governance sanitaria. È questo il presupposto su cui si è basata la conferenza “Dai trial alla pratica clinica, il valore dei dati real world in oncologia“, che ha avuto luogo a Milano lo scorso 16 maggio.
A questo incontro, promosso da Pfizer Italia e dedicato ai ‘Real World Data’ e alla ‘Real World Evidence’, hanno partecipato Giuseppe Curigliano, ordinario di Oncologia medica all’Università di Milano e direttore della divisione di sviluppo nuovi farmaci per terapie innovative dell’istituto europeo di Oncologia di Milano, Alessandra Gennari, ordinario di Oncologia all’Università del Piemonte orientale e direttore della struttura universitaria di Oncologia medica dell’ospedale Maggiore di Novara, Angela Toss, ricercatrice presso l’unità di Genetica oncologica dell’Università di Modena e Barbara Capaccetti, Country medical director e vice presidente di Pfizer in Italia.
I dati di real world possono essere usati per completare le evidenze scientifiche che si ottengono con gli studi controllati randomizzati nei real world data le caratteristiche dei pazienti possono essere lievemente diverse rispetto a quelle dei pazienti coinvolti negli studi clinici randomizzati e questo può essere motivo di una lieve differente efficacia dei farmaci nella pratica clinica. I dati real world rispecchiano di più la pratica clinica ma non sono sufficienti a far approvare un farmaco, perché è sempre necessario uno studio con un braccio di controllo con la terapia standard”. – Alessandra Gennari, ordinario di Oncologia all’Università del Piemonte orientale
Nonostante in Italia i dati real world siano ancora poco utilizzati e poco sfruttati, l’attenzione nei loro confronti sta gradualmente crescendo. Infatti, gli studi clinici sperimentali controllati randomizzati (RCTs) che valutano efficacia e sicurezza dei farmaci sono realizzati su popolazioni di pazienti selezionate e in setting protetti. Occorre però continuare a studiare il profilo rischio/beneficio di un farmaco anche dopo che quest’ultimo è stato immesso in commercio.
In effetti, i dati real world sono in grado di confermare i risultati di “efficacy”, ottenuti dai trial clinici controllati randomizzati, attraverso i risultati di “effectiveness”, ossia l’efficacia del farmaco nella vita reale. Ciò perché gli studi real world complementano gli studi prospettici randomizzati andando a valutare l’efficacia in un setting di real life.
Un esempio in tal senso è lo studio P-REALITY-X, che ha valutato l’effectiveness di palbociclib di Pfizer in un setting di popolazione nella vita reale, dimostrando un vantaggio di sopravvivenza e di progression free survival nella coorte di pazienti che hanno ricevuto il farmaco con un inibitore dell’aromatasi con un prolungamento della sopravvivenza da 43 mesi a 57 mesi.
La disponibilità sempre maggiore di grandi database di dati clinici e amministrativi rappresenta quindi una grande opportunità. Tuttavia, le informazioni derivanti dalla ricerca real world vanno accuratamente interpretate e contestualizzate con la ricerca sperimentale e verificandone la metodologia.
Come già accennato in precedenza, gli studi di RWE sono considerati oggi complementari, e non sostitutivi, degli studi clinici randomizzati, confermando in un setting di pazienti non selezionati l’efficacia di un nuovo trattamento. Essi rappresentano anche dei dati preziosi per approfondire soprattutto il profilo di safety di un farmaco, permettendo, quindi, di colmare importanti lacune nel panorama scientifico. Ma perché i risultati siano affidabili, la RWE deve essere condotta con rigore scientifico e con un accurato controllo della qualità dei dati raccolti.
Negli ultimi anni la Real World Evidence è sempre più utilizzata dai diversi stakeholders: dalle aziende farmaceutiche per la ricerca e lo sviluppo, dalla comunità medica per l’analisi della pratica clinica, dalle agenzie regolatorie per monitorare la sicurezza post-marketing. La RWE è, pertanto, un’opportunità per valorizzare il farmaco durante tutto il suo ciclo di vita, anche perché i farmaci necessitano di un piano di generazione delle evidenze sempre più articolato rispetto al passato.
La nostra visione è quella di integrare le RWE su tutto il ciclo di vita dei nostri farmaci, con l’obiettivo generale di accelerare in modo mirato il loro sviluppo e, in ultima analisi, aiutarci a garantire che il farmaco giusto arrivi al paziente giusto al momento giusto. La real world evidence può migliorare l’organizzazione, l’accesso e l’utilizzo dei dati di ricerca, consentendo di accelerare il processo di generazione delle evidenze per ciò che ancora non conosciamo ed integrare dati non completi o mancanti negli studi clinici. A questo punto, sono diversi gli obiettivi da raggiungere: produrre evidenze sempre più solide e affidabili riguardo specifiche sottopopolazioni; fornire ai decisori strumenti operativi di monitoraggio; generare, nei ricercatori, nuovi importanti quesiti di ricerca per ulteriore attività scientifica”. – Barbara Capaccetti, Country medical director e vice presidente di Pfizer in Italia.