Il 2016 volge al termine con una gran bella novità per chi naviga online alla ricerca di informazioni, soprattutto per quanti usano i social per la quotidiana “rassegna stampa” ed essere on time sui fatti di cronaca, di costume, di salute: Facebook, il più importante player della comunicazione globale, ha comunicato il suo impegno nel filtrare le notizie false, le bufale.
Le bufale sono davvero un grosso problema, soprattutto quando hanno come oggetto la salute; non solo la salute delle persone malate, ma la salute di tutti noi, la salute a 360°. Perché le notizie false, soprattutto in area salute, generano paura, spaventano, creano fenomeni di “cybercondria”. E di “Cybercondria e Cybernauti: la salute al tempo di internet” sì è discusso mercoledì 14 dicembre 2016 presso l’Istituto Superiore di Sanità, durante la seconda edizione del Web Health Forum (#WebHealthForum) con un’interessante line up di esperti e speakers provenienti dal mondo della ricerca, del giornalismo e del farmaceutico.
Dopo i saluti istituzionali di Mario Pappagallo (@mariopaps) che ha moderato la prima parte del convegno, la discussione è entrata nel vivo ponendo punti di attenzione e riflessione sulla dicotomia informazione corretta vs bufala, anche e soprattutto quando si parla di salute. E la giornata mi ha portato a formulare i pensieri che riporto a seguire.
Oggi sappiamo che sono oltre 21 MILIONI gli italiani che si collegano online alla ricerca di informazioni sulla salute e tra questi cresce il numero degli anziani cybernauti che considerano il web un riferimento importante, subito dopo il Medico di Medicina Generale. Eppure dinanzi a questa evidenza il Medico non sembra ancora pronto a “competere” con il web: se il 90% dei pazienti con diabete sostiene di aver comunicato al proprio medico la sua esperienza di navigazione online alla ricerca di informazioni e approfondimenti sulla patologia, sulle cure e sugli esami da effettuare, i medici sono convinti che questa percentuale sia molto più bassa, addirittura del 20% (Fonte: Web Observatory Report 2016 sul diabete).
Dinanzi a un mondo che avanza digitalmente e che porta gli utenti a temere ogni sintomo, ogni segnale che il corpo manifesta, che spinge a essere affetti da “cybercondria”, bisogna essere sicuri di navigare il sito giusto, il sito autorevole, consapevoli che internet può essere una risorsa preziosa e non un luogo di perdizione della mente umana. È grazie a Internet che il mondo ha fatto grandi passi avanti scientifici e culturali; Internet ha contribuito a migliorare il giornalismo e l’informazione di qualità in un mondo che ha bisogno di buone informazioni sanitarie. E il compito della buona informazione è anche quello di proporre le notizie in maniera “positiva”, senza creare allarmismi, falsi allarmismi, generare bufale e peggio creare utenti affetti da “cybercondria”, pazienti che sempre più spesso vedono nei social network come Facebook la panacea a tutti i propri mali.
Certo, i social, i forum, le community hanno un ruolo fondamentale nella cultura della salute e nella diffusione di una buona informazione. Ma anche in questo caso è costante e alto il rischio di incappare in bufale, di generare allarmismi inutili. Non dimentichiamo infatti che tipicamente, soprattutto sui social, la corsa è quasi sempre alla ricerca di informazioni che si hanno già, è una ricerca di conferma delle proprie convinzioni; e questo accade perché il paziente si sente non ascoltato dal proprio medico (che ha sempre meno tempo). E sempre sui social si tende a commentare perché si è emotivamente spinti a farlo, si è arrabbiati al punto che spesso i commenti ai post neanche sono in linea con il contenuto veicolato.
Se è vero che il web è una grande fonte di democratizzazione dell’informazione, anche in tema salute, è anche vero che il lettore, il paziente va educato a fare un distinguo, a discernere rispetto alle fonti. È in questo senso che a mio avviso acquistano valore i gruppi di discussioni all’interno di community create ad hoc per i pazienti, o approfondimenti e confronti diretti con i medici che possono avvenire online su piattaforme come Paginemediche o ancora i processi di Digital Narrative Medicine che possono generarsi sul web per la co-costruzione di un percorso di cura personalizzato: i pazienti hanno bisogno di queste soluzioni e i caregivers, i medici e i professionisti della salute in generale hanno il dovere di rapportarsi a questi con rispetto e umiltà, destinando tempo e voglia alla lettura di quello che i pazienti chiedono, discutono, manifestano, perché questo davvero può aiutare a favorire una migliore gestione della salute.
Eppure la cybercondria esiste. Esiste perché in fondo bisogna riconoscere che il dolore è un grande business.
Oggi però noi possiamo fare tutti qualcosa per cambiare, per sostenere un processo di creazione delle informazioni validate: può farlo l’Università nei processi di formazione medico-scientifico, può farlo ogni Associazione di Pazienti che è presente online, può farlo qualsiasi Azienda Farmaceutica che decide di comunicare sul web e attraverso il web con medici e pazienti. E deve farlo ogni giornalista, ogni sito di informazione, ogni piattaforma di salute digitale.
Ognuno di noi può impegnarsi nella cura e nella prevenzione delle malattie, ognuno può contribuire a rendere la salute, e non più il dolore, il vero business per la felicità. Di tutti.