di , 24/07/2020

La trasformazione digitale nella sua declinazione H.UM.A.N lancia una sfida importante alla sanità pubblica e privata

È il primo giorno di chemioterapia. Il giovane medico sorridente dice: “la chiamerò Roberto va bene?”. Anche Roberto è sorridente e calmo e risponde: “E io la chiamerò Sergio”. Un po’ a disagio arriva pronta la replica: “Eh no, io sono il dottor F.”. “E allora io sono il Professor U.”, conclude il paziente.

L’etnografia dei dialoghi della cura, consente di cogliere in brevissime interazioni spontanee equivoci nel linguaggio che possono diventare pratiche non appropriate. Dare del tu per comunicare un senso di vicinanza diventa altro se non è reciproco. Viene percepito dal paziente come la privazione di uno status identitario adulto, come la sospensione del proprio ruolo e di tutto quello che si è e si sa fuori dall’ospedale. E tutto questo viene spesso confuso con l’umanizzazione delle cure.

Un grande equivoco caratterizza infatti l’aggettivo “umano” associato alla pratica medica.

Umano è talvolta considerato sinonimo di cordialità, pseudo orientamento amicale, informalità. E chiaramente tutto questo è limitato strettamente ad una relazione faccia a faccia, considerata a priori più umana di una interazione a distanza.

La guida Patients’ Advice for a H.U.M.A.N Digital Health, mostra cosa significa umano dal punto di vista dei pazienti e il potenziale della trasformazione digitale per una reale umanizzazione delle cure.

La guida è a cura della Digital Health Academy con il coinvolgimento di 47 associazioni dei pazienti e il contributo incondizionato di Fondazione MSD, che ha accompagnato questo percorso nel tempo con la formazione e il coinvolgimento attivo dei pazienti nella scelta delle eccellenze digitali in Italia con il Patients’ Digital Health Awards. Giunto alla sua terza edizione, il premio ha rappresentato il punto di partenza per l’ideazione e l’elaborazione del modello H.U.M.A.N.

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