di , 02/10/2017

We can NOT print a whole organ – if anyone tells you they can, they are lying.

È così che Keith Murphy è solito rispondere alla domanda se è o meno possibile, ad oggi, stampare organi umani. Murphy è il CEO di Organovo, un’azienda di ricerca medica fondata nel 2007 con l’obiettivo di progettare e realizzare tessuti umani tridimensionali tramite Biostampa.

Se negli ultimi anni siamo stati letteralmente inondati dalle possibilità offerte dalla Stampa 3D (non biologica) e stuzzicati dalla futuristica Stampa 4D (dove ciò che è stampato reagisce a stimoli esterni e sembra quindi vivo), con la Biostampa si arriva, o meglio si tenta di arrivare, a qualcosa che vivo lo è a tutti gli effetti.
Ormai dal 2000 sempre più ricercatori si sono interessati a come poter Biostampare organi funzionali per salvare vite umane e testare, nella maniera più verosimile possibile, farmaci.

Per capire l’entità della cosa, basti pensare che solo negli USA, e nel momento in cui sto scrivendo, 122.000 persone attendono una donazione di organi, nel 2016 ne sono state realizzate solo 33mila, con un tasso di decesso di riceventi in attesa pari a 20 persone al giorno. La Biostampa di organi, quindi, farebbe crollare drasticamente il numero di persone in lista per una donazione, ma purtroppo, ad oggi, siamo veramente lontani dal poter realizzare parti del corpo vive e, soprattutto, delle dimensioni adatte.

Il primo esperimento

I primi esperimenti di Biostampa di impalcature biologiche sintetiche (scaffold) per la crescita cellulare sono avvenuti nel 1990 al Wake Forest Institute for Regenerative Medicine. Fu solo nella prima parte degli anni 2000 che alla Clemson University venne modificata una stampante ad inchiostro per deporre materiale biologico e quindi realizzare strutture 3D semi-vive.

Organovo et alia

Nel 2007 nacque quella che oggi è sicuramente l’azienda più conosciuta nel settore, Organovo, spin off di un’azienda ben più grande, con l’obiettivo di stampare campioni di tessuto vivo per la ricerca ed il test di soluzioni farmacologiche, anche se l’obiettivo ultimo è sicuramente quello di realizzare organi vivi (in particolare fegati).
Ciò che pone Organovo un passo avanti rispetto ad altre, sono i grandi investimenti in marketing non convenzionale per raccontare e diffondere ciò che è la Biostampa. Benchè, infatti, lo stesso CEO dica esplicitamente che siamo lontani dal realizzare organi funzionanti e vivi per periodi lunghi, l’azienda stessa ha sempre proiettato l’opinione comune, tramite campagne fatte ad hoc, verso un futuro in cui non ci saranno più problemi di trapianto di organi e questi potranno essere realizzati su misura e senza problemi di reperimento.
Per questo motivo, nell’immaginario comune, la Biostampa è affiancata, erroneamente, alla stampa di organi completi. Per quanto ne sia l’obiettivo sicuramente ultimo (ma non unico), ad oggi tuttavia mancano alcuni decenni affinché ciò avvenga.
Organovo non è l’unica realtà a ricercare nel campo del Bioprinting. È sicuramente specializzata nei settori di ricerca considerati ad oggi i più promettenti (principalmente Biostampa di vasi sanguigni, fegato e pelle), ha prodotto sicuramente più materiale delle altre come l’exVIVE 3D Liver Tissue Report, ma è stata costretta, negli ultimi anni, a confrontarsi con un numero di realtà sempre maggiore, attratte dalle potenzialità senza limiti di una tecnologia quale la Biostampa. Esempi di queste sono: Biobots, Cellink, Ourobotics, Envisiontec, regenHU, Aether.

Le aziende di cui sopra, ripercorrendo in parte il processo legato alla democratizzazione della Stampa 3D (e potendone, possibilmente, evitare gli errori), sin dalla nascita hanno cercato di proporre soluzioni quanto più economiche e vicine alle possibilità di laboratori e privati. Il loro obiettivo, infatti, è quello di affiancare alla ricerca, la nascita di un movimento proattivo (e quindi continuo creatore di contenuti) che è la linfa vitale per realtà che non hanno le possibilità di aziende come Organovo.

La Biobots ha rilasciato tecnologie (Biostampanti e strumentazione) e protocolli/tutorial tali per cui qualunque realtà voglia avvicinarsi al mondo della Biostampa può farlo senza investire cifre elevate e soprattutto avendo delle linee guida da cui poter partire (aspetto che, ad esempio, nel campo della Stampa 3D è avvenuto solo anni dopo il processo di democratizzazione, ed anzi potremmo dire che è stata la comunità stessa a realizzarlo).

A cosa ci riferiamo esattamente quando parliamo di Biostampa?

Benché ci sia una grande differenza tra stampare tessuto vivo ed un gadget di Yoda, il processo che in entrambi i casi è alla base (la deposizione) è lo stesso: nel caso della Stampa 3D abbiamo del materiale (principalmente termopolimeri plastici) e un ugello che riscaldato depone questo materiale strato su strato fino a ricreare l’oggetto voluto. Nel caso della Biostampa, allo stesso modo, abbiamo del materiale (biologico) ed un ugello che depone, tramite la spinta di una siringa, materiale strato su strato.

Come decidiamo cosa stampare?

Nel caso della Stampa 3D si parte spesso da una scansione, tramite scanner 3D, del modello che si vuole ricreare o, più spesso, lo si modella ex novo direttamente al computer, per poi dividerlo, tramite software, in fettine (gli strati) e quindi inviarlo alla stampante.

Nel caso della Biostampa, se abbiamo detto che l’obiettivo ultimo è quello di ricreare modelli vivi per pazienti che ne hanno bisogno, bisogna ricorrere all’unico modo che abbiamo per vedere dentro noi stessi, quindi alla Tac o alla Risonanza Magnetica. È così che tramite una fotografia di ciò che è nel nostro corpo (e dell’eventuale problematica), si può poi al computer modellare in 3D la parte fotografata, correggerla e, quindi, suddividerla in fettine per poi inviarla alla Biostampante.

E per quanto riguarda il materiale? Invece che termopolimeri plastici, gesso o metallo (nel caso di tecnologie di Stampa 3D più costose), la Biostampa usa cellule umane e/o staminali, materiali quali l’alginato, l’idrossiapatite, il policaprolattone etc… ed agenti per tenere il tutto compatto.
Infine, come un oggetto stampato in 3D può essere “curato” per migliorarne la qualità estetica ed a volte le proprietà meccaniche, allo stesso modo un tessuto biostampato verrà inserito all’interno di un’incubatrice per permettere la crescita cellulare e, eventualmente, i successivi test in vivo ed in vitro.

I problemi della Biostampa

Ci si potrebbe domandare perché ad oggi non abbiamo organi da poter trapiantare se conosciamo così bene il workflow di lavoro che permetterebbe di ricrearne uno.

È molto semplice: al momento ci sono problemi che non riusciamo ancora a risolvere, a partire dal materiale. Deporre cellule, farle lavorare insieme, riuscire a mantenerle in vita in condizioni estremamente controllate come quelle all’interno di un laboratorio, non implica affatto (anzi abbiamo la certezza del contrario) che il tutto possa avvenire all’interno del corpo del paziente e, soprattutto, per un tempo più o meno lungo.

Il problema più importante è legato alla vascolarizzazione dei tessuti realizzati tramite Biostampa. Ogni organo ha bisogno di arterie, capillari, vene, per permettere al sangue ed ai nutrienti di arrivare sino al centro dello stesso, quindi renderlo vivo e mantenerlo tale. Ad oggi non siamo assolutamente in grado di Biostampare un network così complesso.

Quindi? Continuiamo nella ricerca sino a quando non avremo raggiunto il santo Graal della Biostampa? Assolutamente no, la democratizzazione di cui sopra ha permesso rendere tale tecnologia spendibile già da subito riuscendo a migliorare la vita di molte persone, eccone alcuni esempi:

  • Carne sintetica
  • Biomateriali per eliminare infezioni da pearcing
  • Biostampa di cornee
  • Biotest per farmaci
  • Biostampa di capelli per test cosmetici

Si tratta quindi di un mercato estremamente appetibile. Quello che era un valore nel 2015, secondo P&5 Market Research di circa 98 milioni di dollari, con un tasso di crescita nei successivi 5 del 36% (10% più alto della crescita stimata per l’intero mercato della Stampa 3D nello stesso periodo), nel 2021 toccherà circa 1.332, più di 1 miliardo quindi.

Un settore probabilmente meno fantascientifico di quello che si può comunemente pensare, ma non meno affascinante e, soprattutto, di immediata utilità.
E se siete curiosi di come poter approcciare questo mondo senza la Biostampante più economica (con un costo di circa 10.000 dollari) e le conoscenze necessarie, iniziate da questo MOOC. Fatto questo, scrivete su google: “biohacking” e buon divertimento!