Direi che ci siamo. Viviamo quel momento in cui “vi è una costante commistione tra la nostra esperienza qualitativa e quella quantitativa. E vi saranno momenti in cui si troveranno in contrasto e altri in cui saranno sulla stessa linea” per citare Michael Slaby, esperto di Big Data1. I dati, certo, funzionano meglio quando governati dal giudizio umano, e sta a noi sfruttare il momento presente per elaborare e riflettere su norme che segneranno i tempi a venire, sperando che lo stesso giudizio ci impedisca di delegare le macchine, anche in questo.
Quella dei Big Data è una realtà intrinsecamente contradditoria, in quanto contiene elementi di intimità, fatti infinitamente piccoli e personali, ed espansività, ovvero la capacità di aggregare le informazioni in fitte, complesse e capillari reti, dunque scenari2. Sebbene al momento l’uso di tali tecnologie abbia riscosso un forte successo nelle filiere commerciali, nelle elezioni e nelle pubblicità, guidando i “motori di raccomandazioni” dei Big della rete, nel settore healthcare il potere dell’ “analitics” deve ancora dispiegare pienamente il suo impatto.
Se è vero che il settore Salute si caratterizza per la dinamica medico-paziente, è anche vero che la tecnologia ne costituisce l’intelaiatura. Molteplici le indicazioni che possiamo trarre dall’esame dei dati in ambito sanitario: informazioni su come bilanciare i costi, migliorare i trattamenti, aderire agli standard di settore e, senz’altro, definire i margini per un’ulteriore crescita. Uno sforzo computazionale di elevato impatto richiede una strategia altrettanto raffinata ed efficace, che abbracci le capacità tecnologiche di ultima generazione, delle infrastrutture adeguate e garantisca una forte governance dei dati. Ecco il limite dell’intelligence nel business. Spesso associato all’ampia categoria dell’ analytics, del data warehousing, degli strumenti di visualizzazione, la business intelligence, per essere veramente cruciale, andrebbe associata, più che a specifici strumenti, a una strategia che risponda puntualmente al bisogno fondamentale di una struttura per i dati clinici. Già la Gartner ha evidenziato come la mancanza di una strategia di Business Intelligence rappresenti uno dei nove ostacoli all’evoluzione dell’healthcare3.
Cerchiamo di capire quali possono essere gli elementi invalidanti nello sviluppo di tale strategia.
Estrema delicatezza dei dati. Le organizzazioni sanitarie si trovano a dover trattare informazioni sensibili e confidenziali, spesso sottoposte a regolamenti atti a tutelarne la riservatezza4. Gli operatori sanitari sono quindi chiamati a gestire un sistema complesso che tenga conto, nei vari passaggi, del riserbo di tali informazioni.
Difficoltà nell’accesso ai dati. Molte strutture sanitarie possono arrivare a utilizzare vari sistemi di cartelle cliniche elettroniche (EHR – Electronic Health Record) simultaneamente, gestite sia in-house che da provider esterni. Farle interagire implica la necessità di conoscere le specifiche di ciascun database e di scrivere un codice aggiuntivo che permetta agli archivi che raccolgono i dati di comunicare tra loro. In tale contesto, gli operatori sanitari si troveranno, molto probabilmente, a dover affidare l’attività di integrazione di dati a una società esterna di BI. Ci si rende conto di quanto complesso sia il processo da gestire, senza considerare la ritrosia di molti fornitori di cartelle cliniche elettroniche a condividere i loro codici sorgenti.
La qualità dei dati. I dati possono avere origini molto diverse (ERP, ADT, EHR), essere indirizzati verso dipartimenti differenti (es. radiologia, cardiologia, farmacia) e presentarsi sotto diverse forme (video, testo, numeri, immagini), provenienti da smart watch, dispositivi wearable e altre applicazioni mHealth. Considerando l’eterogeneità dei dati disponibili, e molto spesso relativi allo stesso paziente, e il fatto che l’implementazione di un sistema basato su cartelle elettroniche sia un processo costoso e a lungo termine, che induce molto di frequente le strutture sanitarie a dotarsi, in principio, di sistemi non esattamente di ultima generazione, è evidente quanto la raccolta dati e il loro processing da parte del team di BI possano risultare pressocchè epici.
L’inconsistenza dei dati. Gli specialisti della salute, ovvero medici, chirurghi, personale paramedico, immettono dati in modi differenti. Sistemi come le cartelle cliniche elettroniche, e altri simili, incamerano queste informazioni in molteplici caselle. Il problema sorge quando lo specialista ha bisogno del dato. La flessibilità nell’immissione dell’informazione contribuisce a palesare l’anello debole nella gestione dei dati, che consiste nella presenza di informazioni ridondanti, e spesso discordanti, appartenenti al profilo dello stesso paziente.
Di certo, conoscere i limiti rappresenta un importante tassello del puzzle, dal quale cominciare ad apportare miglioramenti, significativi e mirati, nella qualità di un processo, sempre più orientato al valore aggiunto verso il paziente5. Se aumentano gli indicatori relativi alle prestazioni delle strutture sanitarie, allora si richiede a queste ultime un salto di qualità. L’identificazione di aree interne dove migliorare la performance va accompagnata da una gestione finanziaria oculata e da una altrettanto meditata riforma nella gestione dei pazienti.
Le tecnologie dei Big data contribuiranno a risolvere sfide globali creando al tempo stesso una serie di sfide nuove, le strategie che riusciremo a mettere in campo segneranno il passo.
Fonti:
- Michael Slaby, capo ufficio Tecnologie della campagna elettorale di Obama. Intervista ad Ari Ratner, 2013.
- E. Brynjolfsson, A. McAfee, “The Big Data Boom is the innovation Story of our Time”, The Atlantic, Nov. 2011.
- Gartner, Inc., 2014 report, Top Actions for Healthcare Delivery Organization CIOs, 2014: Avoid 25 Years of Mistakes in Enterprise Data Warehousing.
- Es. l’Health Insurance Portability and Accountability Act del 1996, approvato dal Congresso degli Stati Uniti D’America e firmato dal Presidente Clinton.
- https://www.gartner.com/