Oltre 1 milione di persone, nel 2019, ha lasciato il proprio paese a causa di uragani ed incendi.
Le catastrofi naturali hanno colpito diverse regioni nel tempo, accompagnandosi a conflitti e crisi sociali che continuano a spingere le persone a fuggire.
Si stima che entro il 2050 saranno più di 140 milioni le persone costrette a spostarsi a causa degli effetti dei cambiamenti climatici.
L’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi naturali potrebbe diventare la principale causa di migrazione forzata nel prossimo futuro, mettendo le persone provenienti dai paesi sviluppati e dai paesi in via di sviluppo in situazioni simili a quelle che i rifugiati stanno vivendo in questo momento. Non dovremmo essere indifferenti alla loro lotta, ma cercare di entrare in empatia con loro.
Servizi umanitari a portata di App
Alloggio, cibo, istruzione e assistenza sanitaria sono servizi di prima necessità per i profughi, qualunque sia la ragione della loro migrazione. Services Advisor è l’app giusta al momento giusto.
L’app è stata sviluppata inizialmente per i rifugiati siriani in Giordania (nel 2016), è disponibile in Arabo e Inglese, viene aggiornata su base settimanale ed è stata disegnata per coordinare i servizi umanitari nelle aree dedicate ai rifugiati in Turchia e Giordania.
Emozioni, istruzione e supporto linguistico
Un rifugiato siriano su tre soffriva di depressione, ansia e DSPT. Il dato non dovrebbe sorprenderci vista l’esperienza traumatica che hanno vissuto al momento di lasciare i propri affetti e il proprio paese. Ed è così per tutti quelli che sono forzati a lasciare le proprie sicurezze in un momento di crisi.
Nei campi profughi ci sono a malapena servizi di salute mentale. La gente soffre di depressione, ansia, senso di disperazione e paura dell’ignoto. (Eugene Bann, co-fondatore e CTO di X2AI)
La sfida più grande è quella di trovare ed impiegare counselors, con una buona conoscenza della lingua locale, per le migliaia di rifugiati affetti da problemi mentali.
La startup X2AI ha sviluppato, nel 2016, un chatbot, Karim, progettato per fornire supporto emotivo 24/7 ai rifugiati.
A Karim nel tempo si sono affiancati Emma, che parla Olandese e aiuta le persone che soffrono di ansia, e Nema, che parla Inglese ed è specializzata nella cura del diabete pediatrico.
Ma i rifugiati hanno bisogno di rimettersi in moto, di vivere di nuovo anche se in un paese sconosciuto. Nel mondo di sono oltre 70 milioni di profughi, e alcune posizioni lavorative in ambito IT vanno vacanti per mancanza di persone specializzate.
Power.coders ha trovato una soluzione ai due problemi: un’accademia di programmazione per rifugiati a Zurigo, Losanna e Torino.
Grazie a questa organizzazione, il 60% dei partecipanti trova lavoro nel mondo dell’IT dopo il tirocinio.
Anche la lingua può essere una barriera significativa per i profughi. Paper Airplanes, negli USA, mette a disposizione delle persone provenienti dalle aree di conflitto del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale competenze linguistiche e professionali in videoconferenza, gratuite e peer-to-peer.
Ospedali portatili
Molto spesso i rifugiati finiscono nei campi profughi o, se sono ancora meno fortunati, in zone senza campi profughi convenzionali. In Libano, circa il 70 per cento dei rifugiati siriani vive al di sotto della soglia di povertà. Queste persone hanno un disperato bisogno di sostegno e di cure mediche. Gli aiuti umanitari non hanno bisogno di infrastrutture formali per fornire servizi sanitari a chi ne ha bisogno e con l’avvento dei dispositivi diagnostici portatili, l’assistenza di qualità al di fuori delle cliniche è una realtà.
L’assistenza ginecologica nei campi profughi o nei centri no-profit potrebbe essere affidata a ecografi portatili, come ad esempio Lumify della Philips. o il Viatom Checkme Pro.
I costi elevati di questa tecnologia per ora ne limitano l’utilizzo a Università o centri di ricerca specializzati.
Stampa di arti in 3D
A leggerlo ad alta voce sembra davvero fantascienza. Ma è oggi possibile e viene effettuata per sostituire gli arti perduti dei profughi nelle zone di guerra.
La ONG Refugee Open Ware si occupa di fornire gratuitamente ai rifuguati protesi stampate in 3D, utilizzando progetti open-source. In meno di 36 ore l’arto viene stampato alla modica cifra di 50$ e distribuito gratuitamente grazie alle donazioni raccolte.
Blockchain per prevenire crisi di identità
1 miliardo di persone nel mondo non ha un documento che provi ufficialmente la sua identità. Questo comporta l’impossibilità ad accedere a strutture di base, come servizi sanitari, rifugi o finanziamenti.
Per evitare – letteralmente – queste crisi di identità, la tecnologia delle blockchain è quella più indicata.
In questo senso, si sta muovendo l’organizzazione no profit Blockchain for Social Impact Coalition (BSIC). Questa società sta usando la tecnologia delle blockchain per fornire ai senzatetto della città di New York identità digitali, in modo che possano avere accesso a servizi governativi, alloggi e finanziamenti.
Si potrebbe usare la stessa tecnologia anche nei campi profughi di tutto il mondo.
In conclusione
La tecnologia, ovviamente, può molto poco se prima non vengono messe in gioco inclusione, buona volontà ed empatia. Senza il contributo delle persone che creano, mantengono e aggiornano queste applicazioni, dispositivi e tecnologie, queste ultime non servirebbero nemmeno al loro scopo.
Chissà che in futuro la commistione tra tecnologia e aiuti umanitari non diventi davvero importante e soprattutto all’ordine del giorno!