App e software in grado di sostituire gli attuali farmaci. Al via la terza fase della medicina con le terapie digitali
È davvero possibile sostituire un farmaco con un’app? La risposta è sì, se si pensa alle cosidette “terapie digitali” che caratterizzeranno la “terza fase della medicina”, secondo il venture capitalist statunitense Andreessen Horowitz.
Ma cosa sono davvero le terapie digitali?
Sono soluzioni tecnologiche clinicamente validate pensate per integrare o potenzialmente sostituire le terapie tradizionali, assicurando un coinvolgimento maggiore dei pazienti e allo stesso tempo migliorare la qualità complessiva dell’assistenza sanitaria nel lungo periodo.
Una giusta definizione di cosa sia una terapia digitale è tra le mission della Digital Therapeutics Alliance, una società formata dalle realtà principali del settore come Pear, Akili, Propeller Health, WellDoc, Omada Health e Voluntis per favorire e promuovere la comprensione, l’adozione e l’integrazione delle soluzioni terapeutiche digitali.
Videogiochi progettati per il trattamento dei bambini affetti da ADHD come quello di Akili , programmi online come quelli di Omada Health per aiutare a perdere peso diminuendo il rischio cardiaco, piattaforme mobile e sensori per supportare la gestione di patologie respiratorie come quelli proposti da Propeller Health. Queste sono solo alcune delle terapie digitali più note sul mercato statunitense e che nella maggior parte dei casi si rivolgono a quei pazienti che soffrono di patologie croniche o disturbi neurologici, spesso poco affrontati dal sistema sanitario tradizionale. Inoltre queste nuove terapie offrono trattamenti più economici riducendo di conseguenza il lavoro per i medici.
Se questi sono i vantaggi perché le terapie digitali non sono ancora entrate a pieno titolo tra l’offerta dell’assistenza sanitaria? Perché non sono prescritte dai medici e perché le aziende farmaceutiche non investono per svilupparne di nuove?
Secondo McKinsey & Company gli ostacoli a una vera e propria ascesa delle terapie digitali sono due: la loro differenziazione sul mercato della digital health e la distribuzione non efficiente degli incentivi.
Terapie digitali vs digital health apps
Il numero delle health app è aumentato fortemente, basti pensare che nel 2017 sono state rilasciate oltre 318.000 health app e 340 wearable devices, ma non tutti hanno un reale valore terapeutico. Le terapie digitali per essere considerate come tali dovrebbero essere fondate su evidenze cliniche e soddisfare gli standard di sicurezza, efficacia e valore. Lo stesso che accade per esempio tra i farmaci e gli integratori. Il ruolo delle autorità di regolamentazione è quindi cruciale, in quanto grazie alla loro valutazione i consumatori potranno capire cos’è davvero una terapia digitale. Non stupisce quindi che l’FDA stia pensando di creare un’unità dedicata alla sanità digitale.
Una distribuzione non efficiente degli incentivi
Affinché ci sia una diffusione delle terapie digitali pari a quella degli attuali farmaci sono necessarie modiche dell’intera filiera della salute. Innanzitutto è necessario un cambiamento nell’approccio dei medici ai dati riguardanti lo stato di salute dei pazienti. Ad esempio, molte app e software di terapie digitali si basano sul monitoraggio dei sintomi del paziente. Dati, questi, che spesso sono considerati più un fastidio che un aiuto. Bisogna, quindi, che i medici imparino a valutare questi dati come informazioni utili e ad usarli servendosi anche di software analitici.
Dal punto di vista dei pazienti, è importante che l’adozione di queste nuove terapie sia rimborsabile, ma ciò dipende essenzialmente dal tipo di risultato che si riesce a conseguire adottando le nuove terapie. In generale il settore dell’insurtech propende a rimborsare quelle terapie che assicurano una migliore gestione delle condizioni di salute e/o contribuiscono a controllare meglio la propria patologia. Anche se nel caso di un paziente affetto da malattia cronica, gli effetti collaterali possono verificarsi molti anni dopo l’insorgenza della malattia e non essere, quindi, coperti dal sistema assicurativo.
Infine, per assistere a una vera e propria ascesa delle terapie digitali sono necessari investimenti da parte delle aziende pharma, che hanno un approccio all’innovazione diverso da quello delle aziende che sviluppano questo nuovo tipo di terapie. Si tratta, infatti, il più delle volte di startup che usano tecnologie di ultima generazione. Qualcosa però si muove nel settore pharma. Ad esempio, Roche ha acquistato mySugr, l’app dedicata ai pazienti diabetici. Nel prossimo futuro molte saranno le aziende farmaceutiche che potrebbero avere una propria unità dedicata alle terapie digitali, ma nel breve periodo la strada più facile è costituita dalle partnership tra pharma e startup.