Bambini hi-tech? A quanto pare, si. L’utilizzo precoce delle tecnologie digitali da parte dei bambini fa sorgere non pochi interrogativi circa le implicazioni sul loro sviluppo psicofisico e su eventuali forme di dipendenza. E se è vero che i medici ammoniscono di limitare la tecnologia al di sotto dei 18 mesi, è innegabile il vantaggio del suo utilizzo da parte dei genitori non solo per “tenere buoni” i propri figli ma anche per prendersene cura fin dai primi giorni di vita.
Non a caso, smartphone e tablet vengono affiancati da nuovi e sempre più sofisticati device indossabili o trasportabili che grazie all’uso personale e domiciliare permettono al genitore di ottenere una maggiore autonomia e facilità di relazione con il proprio bambino, fino a tenerne monitorato lo stato di salute e consentire di interfacciarsi con il medico.
I baby monitor
In principio erano poco più che radioline trasmittenti, funzionavano a pile e a fronte di una spesa di poche decine di euro, anzi di lire, promettevano di sollevare i neo genitori dal controllo, quasi ossessivo, del sonno dei più piccoli. Sono i baby monitor, dispositivi che, in barba alla “tradizionale” coppia microfono/cassa, integrano le apparecchiature di input e output con dispositivi tecnologicamente avanzati non solo per tenere sotto controllo il pianto del bambino durante il sonno, o quando mamma e papà sono in un’altra camera, ma anche per monitorare i parametri vitali dei neonati.
I baby monitor di oggi, infatti, sono una tecnologia ampiamente utilizzata dai genitori più ansiosi per essere pronti ad accorrere al primo gemito del bambino o per controllarne il respiro nell’intento di scongiurare la terribile eventualità della SIDS (Sudden Infant Death Syndrome), una sindrome che ancora oggi resta causa di morte improvvisa dei lattanti tra il mese e l’anno di vita. Ma non solo: quelli di ultima generazione, sono dotati di sensori che sfruttando accelerometri e connettività sono persino in grado di determinare la posizione del bambino in culla e i suoi movimenti.
Owlet, per esempio, è un calzino “intelligente” che impiega la medesima tecnologia utilizzata nei reparti di neonatologia degli ospedali e monitora la frequenza cardiaca, la saturazione dell’ossigeno e la temperatura corporea del bambino quando dorme. È collegato via Bluetooth a una base portatile che segnala ai genitori le irregolarità del ritmo cardiaco e della frequenza respiratoria e notifica le misurazioni a una App per smartphone iOS e Android che ne tiene traccia. Senza cavi né ingombri, Owlet è un wearable device realizzato in cotone 100% organico che al costo di 250 dollari promette di vegliare sul sonno dei più piccoli.
Un altro dispositivo di questo genere è quello che si è distinto in una competizione globale dal titolo “UNICEF’S Wearables for Good“, lanciata nel 2015 dal Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia per la selezione di progetti innovativi in grado di aiutare le persone in aree svantaggiate. Tra i 250 progetti presentati da 46 Paesi, WAAA! ha riscosso particolare interesse. Il nome è un acronimo: WAAA!, infatti, sta per Wearable, Anytime, Anywhere, Apgar perché il dispositivo è un braccialetto che può essere indossato ovunque dal bambino, per tutto il tempo dei suoi primissimi e più critici giorni di vita, ed è capace di monitorare i cinque parametri vitali, ossia, l’indice di Apgar. Se anche solo uno dei parametri monitorati dovesse oltrepassare una soglia minima, un SMS avvertirebbe il medico più vicino per un pronto intervento. Applicato su larga scala il braccialetto in silicone verrebbe a costare poche decine di dollari.
Anche Mimo e MonBaby vanno nella direzione dei wearable pensati appositamente per i neonati. Il primo, infatti, consente ai genitori di controllare i parametri vitali del bambino durante il riposo; MonBaby, invece, è un bottone smart che oltre al monitoraggio dei parametri verifica la posizione in culla e i movimenti del bambino. E la lista di questa tipologia di device è davvero lunga e in aggiornamento costante.
Pannolini e fasciatoi si fanno intelligenti
Dopo gli Smart Diapers in sperimentazione qualche anno fa, provvisti di reagenti e dotati di un QR code collegato a una app per un’esecuzione istantanea dell’esame delle urine, le mutandine dei bambini hanno nuovi alleati intelligenti.
Tra questi, Digisense una sorta di spilla che si attacca all’esterno del pannolino e avvisa, tramite un’app, quando è il momento del cambio riducendo al minimo il rischio di irritazione e di disagio nel bambino ma anche nelle persone anziane. Non solo. Proprio come alcuni dei baby monitor succitati, Digisense è in grado di monitorare la respirazione, la posizione del bambino durante la nanna e la qualità del sonno, la temperatura ambientale e il pianto.
Altra ossessione dei neogenitori di ogni tempo è la crescita. “Quanti grammi ha preso? Di quanti centimetri si è allungato? È in linea con i percentili?” sono tra le domande più frequenti per cui le mamme e i papà cercano risposta dai pediatri oppure dal Web. Smart Changing Pad, il prodotto di punta della Hatch Baby, specializzata in dispositivi per neonati, può fare al caso. È un fasciatoio che rileva peso e altezza del bambino, raccoglie i dati e li invia a una app tramite la quale i genitori possono verificare i progressi e condividerli comodamente con il pediatra.
Per portare a casa Smart Changing Pad sarà necessario attendere fino a maggio 2017 ma può essere già depennato dalla lista del corredino effettuando un pre-order al costo di 129 dollari.
Bambini hi-tech… E per i più grandi?
L’Accademia Americana dei Pediatri dà il suo benestare all’utilizzo della tecnologia da parte dei bambini a patto che vengano rispettate una serie di indicazioni per un uso consapevole della tecnologia. Chissà in che misura si esprimerebbe relativamente all’interazione di bambini e ragazzini con tecnologie a volte ben più sofisticate di videogame, tablet e smartphone.
Già da qualche anno, infatti, hanno fatto il loro ingresso sul mercato dei veri e propri robot che, a metà strada tra Mary Poppins e i racconti di Isaac Asimov, per alcune funzioni possono affiancare, se non addirittura sostituire, la figura di genitori, nonni, tate e insegnanti.
Pudding di Roobo, per esempio, è un robottino pensato per aiutare i bambini a leggere e a correggere i difetti di pronuncia. Ben più evoluto è il cinese iPal, in versione maschile e femminile: un vero e proprio compagno di giochi che parla, balla, racconta storie, gioca, incoraggia l’attività fisica e si collega a Internet in modo sicuro. Grazie ai programmi educativi di cui è dotato, iPal incoraggia lo studio e facilita l’apprendimento e per le persone anziane può essere di aiuto nel ricordare la somministrazione delle terapie. Disponibile a breve sul mercato Cinese e Americano, iPal sarà acquistabile a un prezzo che oscilla tra i 1500 e i 2000 dollari.
E per finire, quello che è stato presentato al Consumer Electronic Show(CES) 2017 di Las Vegas come un assistente virtuale che cresce con i bambini: Aristotele. La tata digitale da tavolo di Mattel e Microsoft, è attesa negli USA a giugno 2017 al prezzo di 299 dollari.
Aristotele promette di vegliare sul sonno dei bambini funzionando come baby monitor grazie alla telecamera inclusa, funge da luce notturna e sa ascoltare e parlare la lingua dei più piccoli. Se sente il bambino piangere avverte i suoi genitori tramite una notifica oppure fa ascoltare al bambino un messaggio registrato o una ninna nanna calmante. Il suo intento principale è però educativo: la tata digitale è capace di insegnare a scrivere, insegnare le lingue straniere e fare domande sui compiti da fare. Tutto ciò con un occhio, anzi un orecchio, alla buona educazione: se programmato in tal senso, infatti, Aristotele risponde solo ai bambini che chiedono “per favore”.
Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Paginemediche il 14 Febbraio 2017.