Il Covid-19 sembra averci proiettato tutti in quella dimensione sociale e temporale che gli antropologi chiamano “liminalità“.
Tutte le attività e le identità ordinarie sono sospese. Non possiamo più agire in un progetto ma solo nella contingenza del brevissimo termine. È un tempo che protegge ma intrappola.
Chi è coinvolto nel Covid-19 sfugge a questa dimensione, ma per entrare in uno spazio di pericolo, difficoltà, confronto diretto con la morte.
I malati non-covid invece sembrano essere spariti dalla comunicazione sociale, come se le loro malattie anche fossero sospese. Purtroppo però non lo sono, mentre sono chiusi in molti casi gli ambulatori e rimandati gli appuntamenti. Anche quando l’attività negli ospedali continua, sono i pazienti ad avere paura di avvicinarsi. Nessuno ad oggi conosce e può prevedere l’impatto di questa evitazione collettiva dei luoghi di cura.
In questo momento gli strumenti digitali sono l’unico modo per rompere il tempo della sospensione, consentendo il lavoro, le relazioni, la conversazione sociale.
Anche nella salute, possono mitigare l’impatto dell’isolamento e facilitare forme di presa in carico in grado di 1) garantire la continuità di cura; 2) individuare le priorità negli accessi in ospedale dei pazienti non-covid, 3) trasformare la crisi in un grande momento di ripensamento dei modelli organizzativi e relazionali della cura.
Come ha sottolineato Roberto Ascione, uno degli esperti mondiali della digital health,
È giusto dire che, in Italia, stiamo sperimentando 10 anni di evoluzione della salute digitale in 10 giorni.
Si moltiplicano le esperienze virtuose.
La start up PagineMediche è stata tra le prime a mettere a disposizione un chatbot coronavirus, per intercettare rapidamente i sintomi e un servizio di televisita gratuito per medici e pediatri, #tivideovisito.
ParkinsonCare, il servizio di teleassistenza infermieristica specializzata, della start up Careapt del Gruppo Zambon, è stato messo a disposizione gratuitamente dal 13 marzo fino al 12 giugno. Nelle prime 4 settimane ha gestito 908 interventi di supporto a persone con Malattia di Parkinson e ai loro familiari. Nel 74% dei casi, è stata possibile una gestione infermieristica con educazione terapeutica, supporto all’aderenza alla terapia e al caregiver. Nel 26% dei casi si è reso necessario il consulto con neurologi, medici di base, fisioterapisti e le altre figure professionali accessibili tramite la rete dei partner dell’iniziativa, in una collaborazione virtuale che raramente si è vista in azione nei modelli organizzativi ordinari.
Questi dati raccontano non solo un presente migliore per i pazienti con la malattia di Parkinson che non sono rimasti isolati, dimostrano anche come una rete virtuale di medicina collaborativa sia il modello per il futuro.