In un suo editoriale pubblicato sul sito, Alleati per la Salute, portale dedicato all’informazione medico-scientifica realizzato da Novartis, Francesco Gabbrielli, direttore del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali dell’Istituto superiore di sanità (ISS) ha illustrato la sua visione sul nuovo rapporto che si instaurerà fra medico e paziente grazie all’innovazione tecnologica e all’innovazione digitale.
Gabrielli parte dal presupposto che a causa del continuo aumento delle cronicità, la medicina diventerà sempre più personalizzata, multidisciplinare e, pertanto, sempre più costosa. Questa evoluzione è inevitabile, e poiché essa richiede l’adozione di sistemi molto più avanzati nel trattamento delle patologie, comporterà maggiori oneri per il sistema sanitario pubblico.
Ciò significa che per rendere finanziariamente sostenibile il sistema sanitario occorre agire sulla prevenzione, sfruttando tutte le tecnologie disponibili per ritardare, e quando possibile evitare, che le persone si ammalino.
L’idea è: evitare che una persona si ammali, e se si ammala evitare che la malattia progredisca ed evitare che si complichi.
Inoltre, l’innovazione tecnologica renderà necessario un cambio nell’organizzazione del lavoro del medico, che continuerà sì a fare le attività svolte in passato, ma, grazie all’ausilio di tecnologie digitali sempre più avanzate (in particolare grazie a sensori sempre più miniaturizzabili nell’ambiente, a contatto o anche dentro il corpo del paziente), egli sarà in grado anche di controllare la qualità di vita delle persone, in particolare per quel che riguarda la prevenzione.
Il fine di tutto ciò è lo sviluppo della medicina personalizzata e predittiva, e seppure il suo raggiungimento è ancora molto lontano nel tempo, la direttrice che si sta seguendo va verso quella direzione.
L’evoluzione di questo contesto pone anche la necessità di modificare il processo di formazione del medico in modo che egli sia in grado di valutare quale tecnologia sia appropriata per i pazienti: non si richiede che il singolo clinico diventi un tecnico informatico, ma piuttosto che comprenda il principio di funzionamento delle diverse applicazioni.
Gabbrielli sottolinea che non è affatto vero che la tecnologia sostituirà il medico. Accadrà, invece, che i medici in grado di usare le tecnologie digitali, in particolare l’intelligenza artificiale, sostituiranno coloro che non lo sanno fare. Dal canto suo, anche il paziente deve conoscere le tecnologie che sta usando, poiché il suo ruolo non è passivo e deve quindi essere in grado di interagire con i sistemi in uso da parte del sistema sanitario.
Inoltre, Gabbrielli sottolinea l’importanza della raccolta del dato resa possibile dalla telemedicina, attività che è definita essere un bene non solo per il paziente, ma anche per la sanità. Altro fattore molto importante da evidenziare è quello dell’informazione, poiché il paziente deve conoscere quanto sia necessaria la sua partecipazione attiva nella promozione della sua salute.
Ecco quindi la necessità di lavorare sulla telemedicina non solo sul versante tecnico-scientifico ma anche su quello divulgativo, coinvolgendo maggiormente i media, che, oggi, trattano i temi legati alla digital health ancora in modo sporadico. Questo sarebbe un passo ulteriore sulla via di quel processo che solo a partire dallo scorso anno ha visto il dossier telemedicina essere affrontato in modo sistematico ed organizzato da vari soggetti che rientrano nel perimetro del SSN.
Infine, Gabbrielli sottolinea come sia importante che l’inserimento dei sistemi di telemedicina nell’attività ordinaria sanitaria sia coerente ed appropriato, e come ciò dipenda soprattutto da quello che accadrà nei prossimi mesi nell’interazione tra la riorganizzazione del sistema territoriale e le progettualità finanziate dal PNRR.
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