di , 03/10/2019

PatchAI: il compagno ideale dei pazienti che prendono parte ai Clinical Trials

In questi ultimi anni, sono nati numerosi progetti basati sulla tecnologia volti a migliorare le condizioni e i percorsi di cura dei pazienti.

Abbiamo incontrato a Heroes Maratea, Alessandro Monterosso, Co-Founder e CEO, di PatchAI, assistente virtuale, basato su Intelligenza Artificiale, dedicato ai pazienti reclutati per i Clinical Trials.

Alessandro Monterosso

Alessandro Monterosso Co-Founder & CEO PatchAI

Ho 28 anni e ho un background in infermieristica pediatrica. Ho un master in ricerca clinica ed uno in Management ed Economia sanitaria internazionali ottenuto in SDA Bocconi. Suono il pianoforte ed il violino. Sin da quando ero bambino cercavo il modo di sfruttare la tecnologia per aiutare le persone, per risolvere piccoli problemi di tutti i giorni. Oggi, insieme al mio team, utilizzo l’intelligenza artificiale per migliorare la qualità di vita dei pazienti e per tenerli al centro del processo non solo in fase di cura, ma già a partire dalla sperimentazione clinica dei farmaci.

Come nasce PatchAI?

PatchAI è nata in corsia di un centro di ricerca, quando lavoravo come infermiere clinico di ricerca. È lì che ho notato l’unmet need dei pazienti, le barriere comunicative e lo stato outdated della raccolta dei dati. Queste necessità, insieme alla mia passione per la tecnologia ed in particolare per i chatbot, mi hanno spinto a licenziarmi da lavoro, ad iscrivermi in SDA Bocconi per studiare management ed economia sanitaria. Ed è lì che ho trovato parte del fantastico team con cui abbiamo creato PatchAI.

Quanto ha influito la partecipazione a eventi e programmi di accelerazione nel vostro percorso di sviluppo?

Sono stati fondamentali e senza di essi non saremmo qui. Siamo partiti in Bocconi con un’idea. Abbiamo partecipato a BioUpper terza edizione, dove siamo stati incubati da Digital Magics. Partecipare a questo tipo di eventi non solo ti permette di mettere in discussione l’idea, il Business Model e le features del prodotto, ma anche di entrare in contatto con esperti di settore, potenziali clienti ed altri imprenditori che, in maniera diretta o indiretta, hanno contribuito a forgiare le basi di PatchAI. Le competizioni, inoltre, ci hanno permesso di avere visibilità internazionale. Ad oggi, in 9 mesi, abbiamo partecipato a 10 competizioni nazionali ed internazionali, di cui ne abbiamo vinte ben 9!

Quali sono state le maggiori difficoltà che avete incontrato?

All’inizio avevamo una forte carenza di competenze tecniche. Non avevamo sviluppatori né un CTO. Noi avevamo tutti background clinico/business e non sapevamo come implementare la nostra idea seppur avessimo le idee chiare su cosa volevamo. È stato proprio grazie agli eventi e all’aiuto degli incubatori che siamo riusciti a trovare il team che ha creato PatchAI.

Altra barriera non indifferente è stata la compliance regolatoria per entrare in mercato. Questa, unita alla necessità di andare “veloci” in mercato, hanno richiesto un effort non indifferente da parte di tutto il team.

Quali, invece, le soddisfazioni che vi hanno spinto ad andare avanti?

Ricevere continuamente conferme dall’industria, dagli esperti e dalle commissioni delle competizioni, così come aver chiuso un round d’investimento non indifferente (se consideriamo lo stage e i round simili nel settore digital health italiano) è la cosa che ci soddisfa di più, perché è prova non solo della bontà del nostro progetto, ma del potenziale impatto che PatchAI può avere sulla qualità di vita dei pazienti e sul processo do sviluppo di nuovi farmaci!

Cosa ti senti di suggerire alle Startup che operano nel campo della Salute Digitale?

A tutti coloro che sono agli inizi di questa avventura, suggerisco di non fermarsi davanti alle barriere regolatorie, di non scoraggiarsi di fronte agli investitori “orizzontali”, ma di andare avanti e cercare supporto sopratutto nella comunità delle Startup, risorsa incredibile. Suggerisco, inoltre, di testare sempre il product/market fit, di mettere in discussione il proprio Business Model fin quando non si trova il proprio spazio all’interno della value chain. Attenzione particolare deve andare al team: costruire un modus operandi costruttivo, trasparente e supportivo farà la differenza. Le idee ci sono, ma l’esecuzione è fondamentale, e questa è fatta dal team!