Lo spirito che, fin dalla sua nascita, anima Frontiers Health è quello di superare le barriere che ostacolano l’innovazione digitale in sanità per andare sempre oltre i confini che la digitalizzazione della salute si trova di volta in volta dinanzi al suo percorso.
Con l’intervento di Michelangelo Bartolo, Dirigente Medico di Telemedicina Territoriale e Ospedaliera della Regione Lazio, e Segretario Generale, nonché ideatore, di Global Health Telemedicine Onlus, Frontiers Health Italia 2022 è andata oltre l’interpretazione originale del suo ruolo, sottolineando come le problematiche riguardanti la salute non conoscono confini geografici e come l’innovazione digitale possa anche essere un fattore di collaborazione fra gli Stati.
In un mondo che tende sempre più a dividersi, i servizi di telemedicina, di medicina globale, di medicina internazionale, possono costruire dei ponti. In parte è già così, ma questo deve essere un ruolo che anche l’Italia deve imparare ad assumere.
La pandemia di Covid è stata un esempio lampante di come si sia potuta affrontare l’emergenza sanitaria indotta dalla diffusione, a livello globale, di una nuova malattia infettiva, attraverso la collaborazione reciproca fra comunità statali. La telemedicina è un mezzo adatto per far sì che questa cooperazione possa avvenire, almeno in ambito sanitario.
Durante il suo intervento Bartolo ha fatto riferimento ai numerosi progetti di telemedicina che vari soggetti italiani, pubblici e privati, hanno intrapreso nel corso degli ultimi anni, soprattutto per offrire assistenza e supporto a pazienti di paesi del terzo mondo (Comunità di Sant’Egidio, CUAMM di Padova, Global Health Telemedicine Onlus, Emergency, Ospedale Bambin Gesù, Istituto Spallanzani, CIRM – Centro Italiano Radiomedico, e tutta la cooperazione internazionale italiana nel suo complesso).
Tuttavia, poiché il termine “telemedicina” è generico e non fa riferimento diretto ad attività precise, con quali servizi digitali sono stati approntati questi e altri progetti di cooperazione internazionale?
Richiamando un esempio frutto della sua esperienza diretta, Bartolo ha illustrato come sia stato implementato un servizio di teleconsulto multidisciplinare, avviato in via sperimentalmente nel 2008 e diventato oggi una realtà capace di mettere in comunicazione 47 centri sanitari nel mondo distribuiti in 20 paesi a livello globale. Grazie a questo servizio, operatori sanitari dei paesi del terzo mondo possono chiedere un teleconsulto con specialisti italiani ed europei.
Con questa piattaforma si sono creati dei punti di vicinanza fra chi richiede un supporto e chi riceve la richiesta avendo poi la possibilità di dare una risposta.
Attraverso questo progetto si è costruita concretamente una “vicinanza” non solo in termini di utilità diagnostica e terapeutica, ma anche formativa.
La formazione nel programma di cooperazione è fondamentale e in ogni teleconsulto c’è un pizzico di formazione.
Grazie a tale esperienza è stato possibile capire quali sono le caratteristiche che deve offrire un servizio di teleconsulto efficace: semplicità, supporto di un software amicale, non complicato ed intuitivo. In aggiunta, si è capito che il teleconsulto può essere un modo per ricevere formazione, affiancamento e sostegno nella presa in carico di casi clinici da parte degli operatori sanitari dei paesi emergenti. Inoltre, il teleconsulto può essere un veicolo di condivisione di dati ed informazioni su patologie emergenti, oltre ad offrire la possibilità alle strutture sanitarie dei paesi avanzati di intraprendere delle cooperazioni con i governi, locali e nazionali, dei paesi emergenti.
L’Italia, grazie alla sua storica esperienza nell’ambito della cooperazione internazionale, può attivare delle fattive collaborazioni con le istituzioni locali di questi Stati, anche iniziando ad esportare alcune piattaforme di telemedicina, in quanto il nostro paese è ormai da considerarsi fra quelli leader nell’ambito della telemedicina.
In conclusione del suo intervento, Bartolo ha voluto far riferimento anche alla situazione della telemedicina in Italia, illustrando le sette tipologie di prestazioni che sono state individuate nelle nuove linee guida sulla telemedicina elaborate da Agenas.
Accanto alle tre più conosciute, vale a dire il teleconsulto, la televisita e il telemonitoraggio, sono state prese in considerazione anche nuove forme di telemedicina: la teleassistenza fra le professioni sanitarie, la teleconsulenza medico sanitaria sempre fra professionisti in sanità, il telecontrollo medico, e la teleriabilitazione. Tuttavia, fra tutte queste prestazioni il teleconsulto medico ha un ruolo principale, in quanto può essere considerato il primo vero mattone di quella #globalizzazionedellasanità che proprio egli ha scelto come keyword di riferimento per il prossimo futuro.
Bartolo ha inoltre sottolineato che il teleconsulto medico sta evolvendo, poiché, da strumento che è stato progettato e implementato per i paesi in via di sviluppo con GHT, sta gradualmente diventando un modello di vicinanza e di prossimità per tante realtà anche nei paesi sviluppati e anche in Italia.
Infine, la storica occasione offerta dal PNRR e dall’opportunità di ridisegnare l’assistenza territoriale, in modo che il centro di riferimento dei servizi sanitari erogati al paziente non sarà più l’ospedale ma il territorio, sta facendo riflettere sulla possibilità di creare una piattaforma nazionale di telemedicina e sulle potenzialità che essa potrebbe esprimere.
Essa forse potrebbe essere uno strumento per pensare anche ad una salute globale che sia più vicina a chi è più distante e che ci faccia vivere con un’aria di universalità.
Un auspicio che una manifestazione come Frontiers Health non può non condividere.