di , 15/01/2018

Bill Gates in un’intervista sul mondo virtuale, un po’ di anni fa, disse che

Internet sta diventando la piazza del villaggio globale del domani

anticipando uno dei grandi cambiamenti dei nostri tempi.

Se prima l’incontro tra persone non poteva prescindere da  un luogo fisico, sia esso al chiuso che all’aperto, per i così detti “nativi digitali”[1], ora è possibile avere, curare e gestire delle relazioni anche in assenza di un “luogo”.

Per i nati prima degli anni ’90 c’è una netta distinzione tra il mondo virtuale e il mondo reale, mentre per i nativi digitali sembra esservi un continuum fra le due realtà ed ecco che dall’incontro fisico nasce poi anche quello virtuale, pubblicando sui social quanto accaduto, con il conseguente coinvolgimento di altre persone o semplicemente è possibile incontrare gli altri, condividendo il proprio mondo, pur rimanendo dietro lo schermo di un pc o di uno smartphone.

Questo profondo cambiamento ha coinvolto anche il mondo della psicologia, in quanto, se si può parlare di relazione anche senza la condivisione concreta di un luogo fisico, perché non instaurare delle “relazioni di aiuto” telematiche?

Il luogo, quello che contribuisce alla costruzione di uno dei pilastri della psicologia, che in gergo tecnico viene chiamato “setting”, è sempre stato un elemento imprescindibile di una consulenza psicologica e/o di una psicoterapia. Negli anni ci sono stati trattati e trattati sull’importanza dell’ interiorizzazione del luogo fisico, ovvero la stanza del professionista e tutto ciò che ne concerne, eppure oggi.
In base ai dati raccolti dall’Ente di Ricerca ANIMA[2], una percentuale sempre più ampia di psicologi, si stima circa 2000 in Italia, eroga le proprie prestazioni professionali attraverso Internet ed un’altra grande fetta, invece, è interessata ad iniziare a lavorare virtualmente.

Sembra essersi innescato un circolo che ha condotto ad una diffusione massiccia delle prestazioni psicologiche on line nel mondo e all’incremento della domanda e offerta.
La seduta diviene possibile grazie ad uno schermo e ad una connessione, abbattendo limiti organizzativi di spazio e tempo, che spesso, in una società complessa possono essere degli ostacoli.

Ad esempio, organizzarsi per andare dal proprio psicologo in una grande città, per una seduta di 50 minuti, implica togliere quasi tre ore alla propria giornata, perché il più delle volte il professionista scelto non è vicino casa o al proprio luogo di lavoro. Ecco quindi che, anche solo a livello pratico, organizzativo, fare delle sedute on line può diventare un’ottima occasione per vivere un percorso personale, di crescita, senza togliere troppo tempo alle altre necessità della giornata.

Coloro che esercitano la professione online affermano che, una volta stabilita la cosiddetta “alleanza”[3], non sentono la mancanza di un luogo fisico e che intervengono altri fattori utili alla costruzione del “setting”, come la puntualità della seduta, la visuale della webcam, i fattori tecnici, come la qualità audio e video e che, pertanto, è necessario possedere delle buone competenze digitali per garantire l’efficacia della seduta stessa.

Il web, inoltre, sta anche contribuendo a far cambiare una vecchia concezione dello psicologo, che considerato come “medico”, col compito di curare, può rivolgersi solo a chi è malato. Una consulenza psicologica o un percorso di psicoterapia non possono, però, essere visti solo come un’opportunità per chi ha delle problematiche, ma anche e, forse soprattutto, possono essere considerati come una risorsa per conoscersi e migliorare la propria vita ed è in quest’ottica che tantissimi psicologi hanno aperto blog, pagine di Facebook, siti tematici, in cui erogano consigli, fanno riflessioni, condividono tematiche, dibattono su argomenti del vivere quotidiano, avvicinando tutti al mondo della psicologia, anche in maniera indiretta. Sono tantissime le persone che, in cerca di risoluzione a propri quesiti personali, ritrovandosi a leggere articoli, blog di psicologi, psicopedagogisti, psicoterapeuti, poi decidono di scrivere una domanda, di mandare una mail per avere risposte più “personali” o di contattare gli autori delle pagine.

L’era digitale ha, quindi, mutato non solo l’accesso alla psicologia, ma anche le modalità di fruizione e di concezione della stessa, pur rimanendo essa sempre la stessa, ovvero una strada che porta al benessere della persona e delle relazioni.

[1] Col termine nativi digitali, si intendono tutti i nati negli anni di diffusione e pratica delle nuove tecnologie digitali come internet e i social, e quindi verso la fine degli anni ’90 (Digitalizzazione della professione e dell’ intervento psicologico mediato dal web, aprile 2017)
[2] L’ente di ricerca ANIMA ha collaborato con la Commissione atti tipici, osservatorio e tutela della professione per la stesura del documento sopra citato, in cui sono approfonditi gli aspetti etici, metodologici e burocratici della digitalizzazione della professione dello psicologo.
[3] Con il termine “alleanza” si fa riferimento ad uno primo step di lavoro in una consulenza psicologica/psicoterapia. Costruire un’alleanza di lavoro, significa che il cliente si fida del professionista e si crea un clima di empatia e di collaborazione per il raggiungimento dello scopo, insito al percorso psicologico.